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Anonymous perde credibilità dopo l’attacco alla polizia postale!

Considerato un fake l’attacco al CNAIPIC, il gruppo “Anonymous” si difende dicendo che è stato vittima di un complotto all’interno delle stesse società che si occupano di websecurity per l’organo della Polizia Postale. Intanto scatta un altra azione di hackeraggio contro un istituto di credito.
A cura di Vito Lopriore
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Lo scorso 25 Luglio TechFanpage aveva divulgato la notizia che il noto gruppo di hacker, chiamato Anonymous, avevano attaccato i database del Centro nazionale anticrimine informatico italiano. Le prime notizie parlavano di 8GB di file rubati, riguardanti rapporti confidenziali di agenti in servizio, carte d’identità e documenti di cittadini russi, egiziani, indiani e anche dati di rilevanza internazionale, in ambito aziendale ed energetico: intrusione nel sistema di Bank Medici, banca austriaca, o dossier sulla famosa Gazprom, una delle più grandi aziende del mondo di gas e distributrice di energia.

La notizia, diffusa sui canali ufficiali del gruppo principale, il blog, il sito Pastebin.com, e anche di coloro che collaborano con Anonymous – il gruppo LulzSecurity (su Twitter @LulzSec), il gruppo italiano LulzSecurity Italy (@LulzSecITALY) -, rispetto alle indiscrezioni iniziali che parlavano di file di una certa rilevanza è andata presto in disuso. Ha sortito infatti, oltre a una comprensibile diffusione sulla rete, solo un’indagine da parte della polizia postale, nell’organo del CNAIPIC (link) sotto attacco, per appurare la rilevanza delle informazioni rubate e le possibili ricadute dei delle informazioni sensibili sula società civile.

In questi giorni quell’attacco, non chiaro in molti aspetti già dall'inizio, è stato considerato falso. Quasi un complotto, in cui l’organo del CNAIPIC né è vittima al tempo stesso, ma gli autori non dovrebbero più essere LulzSecurity, ma le stesse società che si occupano di sicurezza informatica per la polizia postale. Si voleva favorire altre società di websecurity, rispetto alla fallibilità di quelle che adesso lavorano per la polizia. Un problema interno dunque, nel delicato tema della privacy delle informazioni online, proprio di un organo che lotta contro la pedopornografia online e il terrorismo. Anonymous, affermano loro stessi, né è stata vittima inconsapevole.

Dopo il caso Assange

Chi ha architettato questo voleva fare uno sgambetto alle società di consulenza che già operano per il Centro nazionale anticrimine causando perdita di credibilità: in effetti questa si sta riversando inevitabilmente sullo stesso gruppo di hackivist, come amano definirsi, che, dopo la rilevanza internazionale dei file diffusi da Assange, creatore del sito Wikileaks, provano a fare giustizia “dal basso” provando a infiltrarsi in dinamiche e contesti professionali seri e importanti per la società civile.

L’ultima trovata? Un attacco a un istituto di credito – chiamato #OpBancheAlSicuro − per mostrare quanto siano deboli i sistemi di sicurezza e quando i dati dei cittadini sono in pericolo. Non è stata rilevata né il nome della banca, cercata con una ricerca generica su Google, affermano né quali documenti sottratti per fortuna, questa volta, dei clienti. Sempre che l’attacco sia reale e non un altro tentativo di rendersi credibili agli occhi dell’opinione pubblica. Strumenti come il web e social media sono utili ma richiedono un “fair use” in rispetto equo delle parti, sia che si parli di sicurezza informatica degli istituti di credito, stakeholder, community online, forum digitali, testate giornalistiche e organi rappresentativi.

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