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Apple apre per la prima volta le porte della sua fabbrica: così nascono gli iPhone

Si trova poco fuori da Shanghai e rappresenta uno dei luoghi maggiormente protetti della catena di produzione degli iPhone. Grande quanto 90 campi da calcio, la fabbrica della Pegatron si è aperta per la prima volta ad un giornalista di Bloomberg, al quale è stato consentito di osservarne la routine lavorativa.
A cura di Marco Paretti
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Il primo elemento a colpire il giornalista di Bloomberg è la sicurezza. Migliaia di lavoratori vestiti di rosa che si lasciano scansionare il volto e avvicinano i loro badge ai sensori posti poco prima delle entrate. Shai Oster è uno dei pochi reporter a poter varcare le soglie dei magazzini cinesi dove vengono prodotti gli iPhone, grandi strutture amministrate dalla Pegatron Inc. Pochi secondi per ottenere l'autorizzazione necessaria a cominciare il lavoro: una procedura che punta tanto alla sicurezza quanto al limitate un fenomeno tristemente famoso nel mondo tecnologico, gli eccessivi straordinari.

Nel misterioso mondo nel quale nasce lo smartphone più famoso della Terra, l'attenzione nei confronti dei turni è ormai maniacale. Merito delle forti accuse piovute su Apple e altre aziende del settore tecnologico, criticate per gli orari di lavoro dei dipendenti cinesi, spesso costretti da realtà come la Foxconn a sostenere turni infiniti ed estenuanti. Per questo, dopo anni di mistero, Apple ha accolto un giornalista nelle sue fabbriche dove vigono le nuove regole sugli orari. "Ogni secondo è importante" spiega John Sheu, il responsabile dello stabilimento dove lavorano 50.000 persone.

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La procedura di identificazione richiede solo un paio di secondi, per poi proseguire con il controllo di sicurezza volto ad individuare eventuali camere nascoste con le quali fotografare dispositivi non ancora annunciati. Le stanze e i corridoi percorsi dai dipendenti prima di disporsi su quattro file per la chiamata mattutina sono coperti da indicazioni e poster motivazionali. Il resto del lavoro di assemblaggio procede come una classica catena di montaggio, con i lavoratori disposti accanto ad un nastro trasportatore sul quale viaggiano le parti degli smartphone da assemblare. La struttura si trova poco fuori da Shanghai e rappresenta uno dei luoghi maggiormente protetti della catena di produzione degli iPhone. È grande quanto 90 campi da calcio e all'interno ospita una stazione dei vigili del fuoco, una stazione di polizia, un ufficio postale, diverse caffetterie, giardini, laghi artificiali e stazioni degli autobus.

Nonostante la parziale apertura, però, la fabbrica nasconde ancora diversi segreti. Come la paga degli operai, ritenuta ancora troppo bassa. Secondo l'unione sindacale China Labor Watch, infatti, tra settembre e ottobre dello scorso anno 1.261 buste paga hanno indicato un forte numero di straordinari effettuati per raggiungere una paga più alta. Una procedura che, spiegano Apple e Pegatron, ha comunque dei limiti: il sistema di riconoscimento impedisce ai dipendenti di superare le 60 ore mensili o lavorare per più di sei giorni di fila. Il tutto per una paga che si aggira intorno ai 650/850 dollari al mese. I dati sul proprio stipendio, comprese le spese effettuate nei dormitori e nei negozi del campus, sono visualizzabili attraverso appositi terminali distribuiti in tutta la fabbrica. "Il fatto che lascino entrare un giornalista dimostra che queste realtà stanno rispondendo alle pressioni esterne, cercando anche di essere più trasparenti" ha commentato Jenny Chan, docente presso il Kellogg College di Oxford. "Però continuano a dirci poco su come svolgono il loro lavoro e sul loro sistema di produzione".

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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