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Fablab, le case per i maker che invadono l’Italia [Intervista]

Oltre 40 i Fablab censiti in Italia. Abbiamo intervistato il CEO del recente Fablab di Catania per chiarire i dubbi sulle caratteristiche e le specificità di questa nuova casa per i maker.
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Oltre 40 i Fab Lab censiti nel nostro Paese. Laboratori di fabbricazione che sfidano l'industria a colpi di prototipi o prodotti finiti realizzati con tecnologie avanzate, ma costi abbattuti. Un trend in crescita con una curva inaspettata quello che si registra in Italia soprattutto nell'ultimo anno. Una startup che accoglie startup; un laboratorio per innovatori; uno spazio di co-working: tante definizioni per una realtà unica e dall'identità ormai inconfondibile.
Ultimo Fab Lab aggiuntosi al nutrito elenco italiano, il Fab Lab Catania, inaugurato lo scorso 8 Maggio con un workshop su Design e Stampa 3D. Il CEO, Carmen Russo, ha spiegato in intervista caratteristiche e specificità del Fab Lab, per far chiarezza nella confusione legittima attorno a una realtà dal nome curioso, ma dal significato non per tutti ovvio.

Cos’è un Fablab?

"È un luogo dove le idee diventano progetti, che diventano poi oggetti.
Questo avviene in un luogo fisico, attraverso l'incontro di menti creative, per mezzo di strumenti comuni e di macchine tecnologiche di nuova generazione, quali ad esempio le stampanti 3D".

Come si entra nella rete dei Fablab?

"Se mi stai chiedendo della rete internazionale occorre mettere in preventivo un investimento iniziale che può andare dai €20.000 minimo fino €150.000. Occorre infatti dotarsi di un minimo di attrezzature che vanno da quelle non professionali e programmi open source, fino a macchinari che permettono di eseguire lavori con gradi di finitura ottimali da proporre ai mercati. Nel sito del MIT di Boston si trova tutto il materiale informativo utile per cominciare a capire come muoversi (in inglese).
Nella rete del Fablab che rappresento invece – il Fablab Catania – si entra attraverso un tesseramento che può essere annuale, mensile o semestrale, differenziato in base all'utenza: studente, professionista, azienda. Questo ci permette due cose: 1) di poter tenere bassi i costi di utilizzo dei macchinari per tutti i membri della rete; 2) di avere un "parco creativo" variegato sia per età che per professionalità. Vantaggi per tutti i target, soprattutto per i giovani che vogliono entrare in modo diretto a contatto con realtà lavorative del futuro".

Quali opportunità concrete offre un Fablab?

"Apprendere in modo dinamico nuove competenze importanti per restare aggiornati nel mondo del lavoro attraverso workshop che professionisti di vari settori (dall'architettura, al design, all'elettronica, all'ingegneria, alla fisica, all'informatica, altro ancora) mettono in opera dentro il Fablab. Ancora, possibile integrazione e supporto alle proprie idee: infatti, lavorando in condivisione, i vari progetti possono ricevere il supporto di competenze diverse da quelle del singolo creativo con un miglioramento complessivo del progetto. Nel nostro caso, per esempio, le postazioni di coworking che sono a disposizione dei tesserati su base molto flessibile (per una settimana, per un mese, per tre mesi) fa sì che il giovane professionista possa iniziare a strutturare la sua attività presentandosi al mercato del lavoro in modo professionale. Le aziende che fanno parte del circuito trovano nel Fablab un punto d'incontro fra le loro esigenze di ricerca e sviluppo e, da una parte, i team creativi, dall'altra, la possibilità concreta di realizzare un prototipo funzionale o il prodotto finito.
Insomma, non è solo una bella vetrina in cui far mostra di idee campate in aria. Da noi viene chi ha voglia di fare, di sporcarsi le mani, di immaginare nuove "cose".

A quale specifico bisogno risponde un Fablab?

"Personalizzazione. Ci siamo stufati tutti, credo, dei prodotti di massa. Tanto che sempre più spesso grandi aziende offrono ai mercati possibilità di personalizzare i loro prodotti, dall'auto di lusso all'accessorio. Ma è a mio avviso una falsa personalizzazione perché si basa sempre e solo su aggiunta di altri elementi già prodotti dalle aziende. La vera personalizzazione di un prodotto o di un servizio passa attraverso l'analisi più precisa e la conoscenza più profonda di quello che si vuol rappresentare o significare. Non siamo tutte femminucce se ci vestiamo di rosa.

Ancora, altro bisogno è quello dell'innovazione. Le aziende che investono in innovazione hanno una marcia in più. Peccato che avere all'interno dell'azienda un settore di ricerca e sviluppo abbia dei costi molto alti, fra personale e attrezzature. Ecco che il Fablab risponde a questa esigenza offrendo un servizio smart ed easy. L'azienda viene, ci conosce, sottoscrive un accordo con noi per un periodo di tempo.

Ancora, l'apprendimento. Un’altra esigenza che ci siamo accorti di soddisfare è quella di favorire l'apprendimento in tempi e modi che altrove è difficile trovare. La scuola si è burocratizzata anch'essa. L'offerta formativa in realtà non è una vera offerta. I programmi ministeriali sono antichi. Il sistema con cui viene trasferita la conoscenza è stantio. Poi ci si lamenta della svogliatezza degli studenti. Ci credo! incatenati per 5 ore al giorno 6 o 7 giorni la settimana chiunque come minimo si annoierebbe. Ora non dico e non voglio nemmeno sostituire i workshop di un Fablab alle lezioni scolastiche, dico solo che bisogna darsi una svegliata anche li. In attesa che questo avvenga i ragazzi possono divertirsi apprendendo delle competenze pratiche che gli torneranno utili in futuro. I vantaggi dei workshop? Sono i ragazzi a scegliere di partecipare, quindi sono interessati a quella materia, sono di durata limitata, sono soprattutto pratici\manuali, non richiedono l'acquisto di libri o dispense, ognuno torna a casa con un pizzico di esperienza in più.

Infine, la sicurezza. Chi entra dentro un Fablab deve essere messo in sicurezza. Ovvero i macchinari devono essere certificati a norma di legge, serve una buona ed efficace copertura assicurativa, serve che, senza costi aggiuntivi, le persone siano messe in grado di utilizzare le macchine (oltre la stampante 3D noi, per esempio, ci doteremo di una macchina Lasercut, di una fresa CNC ed altri macchinari tecnologici). I locali, infine, devono essere adeguati all'uso e conformi alle specifiche. Questo è bene sempre saperlo ed eventualmente chiedere maggiori informazioni prima di iscriversi".

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Qual è il profilo tipo dell’utilizzatore del Fablab?

"In una parola riassuntiva: il maker.
Il maker è uno che "fa". Cosa faccia poi è un altro paio di maniche. Costruisce cose dell'appartenenza inutile, ma attraverso quegli oggetti inutili poi si arriva a perfezionare l'idea iniziale e a creare un buon prodotto. Un buon prodotto è un prodotto che soddisfi un bisogno, risolva un problema. Il Maker è una persona che ha delle idee e la voglia di non lasciarle nel cassetto. È uno che non ha paura di sbagliare, ma anzi non vede l'ora di capire l'errore per correre a costruire ancora e ancora fino a che non ottiene realizzata l'idea che aveva inizialmente immaginata. Leonardo da Vinci era un Maker. Chi ha capacità di visione laterale è un Maker".

Qual è il modello di business di un Fablab?

"Non c'è un format predefinito. Se sei con quattro amici e non hai molti soldi da investire puoi fare associazionismo. Se hai dei capitali da investire e vuoi rapportarti con aziende crei una società. La forma è funzionale alla sostanza. Platone diceva che senza forma non esisteva sostanza o meglio che quest'ultima era determinata dalla prima. Quello che non può mancare per definirsi Fablab è che una parte del tempo e degli spazi siano aperti alla condivisione.
Su questa parola vorrei spendere due parole. Condividere vuol dire mettere insieme, in comune. Ma con chi? Con chi crede nel progetto e lavora nella stessa direzione. Altrimenti diventa un "regalare perle ai porci". Per noi è fondamentale che chiunque si avvicini al Fablab abbia questo spirito. Per questo chiediamo di partecipare attivamente, di conoscere de visu i nostri tesserati".

Può configurarsi anche come incubatore di startup?

"Noi stessi siamo una startup. La risposta è: certo che sì! È il posto ideale. Si inizia con un'idea, si passa al progetto, si studia il mercato, si fa affiancamento. Più che incubatore direi che siamo proprio una mamma chioccia".

A quale Fablab vi siete ispirati? Quale esperienza di successo è considerabile un punto di riferimento per chi vuole avvicinarsi a questa realtà?

"Ho studiato approfonditamente diversi Fablab italiani e non. Quattro fra tutti mi hanno colpito. In ordine sparso: il Fablab di Reggio Emilia per la forma professionale che si sono dati; il Fablab di Torino per lo spirito che l'anima; il Fablab di Amsterdam per la capacità di riunire al suo interno spirito imprenditoriale e facilitazioni per la massa; e il Fablab di Tacoma che riesce a coinvolgere splendidamente studenti universitari".

Quanto conta il network di partner per l’attività di un Fablab?

"Dipende dal Fablab. Per noi conta molto, moltissimo. Stiamo stringendo relazioni e partenariati perché tutte le parti in causa del processo siano operative e trovino nel nostro Fablab il punto di incontro. Dipende dagli obbiettivi che si pone. Certo avere un partner vuol dire che qualcosa devi dare tu e qualcosa lui. Quindi occorre essere predisposti alla vera condivisione, allo scambio. Pensa poi quando i partner sono molti! L'importante è stringere relazioni di network non tanto con chi ti torna utile ma soprattutto con chi ha il tuo stesso spirito. Noi per esempio abbiamo stretto una partnership con una startup di cui si sta parlando molto per il percorso di successo che sta seguendo, Flazio. Crediamo molto nella collaborazione tra startup: è dalla sinergia tra imprenditori che si nasce il progresso".

Quale futuro per i Fablab?

"Posso dirti quello che mi auguro divenga il nostro Fablab: un punto intermedio fra la domanda delle aziende che vogliono fare innovazione e le persone che hanno delle idee da realizzare. Un posto dove a fine giornata sei soddisfatto di ciò che hai costruito con le tue mani (o con le stampanti 3D e le altre macchine) e ti sei pure divertito. C’è di meglio?".

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