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Facebook spia le chat degli utenti per combattere la pedofilia, dubbi su efficacia e privacy

La piattaforma monitorerebbe in maniera automatizzata ogni conversazione sul sito alla ricerca di potenziali attività di adescamento nei confronti di minorenni. Ma funziona davvero?
A cura di Angelo Marra
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Molti giornali l'hanno già chiamata "Unità Precrimine di Facebook" in omaggio al celebre libro Rapporto di Minoranza di P.K.Dick, in realtà quello messo su dalla piattaforma di Menlo Park è un sistema automatizzato che controlla le nostre conversazioni sul social network alla ricerca di attività sospette con particolare riferimento verso i reati sessuali su minori. A scoprirlo è stata un'inchiesta di Reuters che ha riportato la notizia dell'arresto di un trentenne americano dopo che questi aveva concordato sulla piattaforma un appuntamento con una bambina di 13 anni. La sua conversazione con la minore infatti è stata intercettata e segnalata dallo staff tecnico all'autorità giudiziaria che ha proceduto all'arresto prima che l'uomo compisse eventuali reati. La questione però ha sollevato numerose perplessità, sia in termini di privacy che di reale efficacia del controllo.

Sappiamo bene come la rete oltre ad essere un potenziale immenso per quanti ogni giorno lavorano, producono o si intrattengono tramite internet sia anche una terra dove scorrazzano più o meno liberamente persone con finalità tutt'altro che edificanti. Uno dei problemi più difficili da risolvere è quello dell'adescamento dei minori e dello scambio di materiale pedopornografico, una piaga contro la quale sono schierati da sempre in prima fila tutti i big della rete e le autorità di tutto il pianeta. Facebook, visto il suo appeal soprattutto tra i giovanissimi, è diventato con il tempo un vero e proprio parco giochi per pedofili e delinquenti di ogni risma e la piattaforma si sta impegnando sempre di più per tutelare i più piccoli (ad esempio i minorenni non risultano visibili nella ricerca generale sulla piattaforma e possono scambiarsi messaggi solo tra amici), anche se recentemente ha fatto molto discutere la proposta di Mark Zuckerberg di aprire il sito anche ai minori di 13 anni. .

Attualmente sembra che la piattaforma utilizzi un complesso sistema che integra keywords, un elenco di indirizzi di persone segnalate e da tenere sotto controllo e addirittura un database vocale sulle tecniche di adescamento per monitorare costantemente tutte le conversazioni che si svolgono sul sito ed intercettare quelle potenzialmente pericolose o illegali. La prima perplessità che questa notizia ha scatenato è stata però quella sulla sua efficacia; il caso dell'uomo arrestato in Florida si è risolto con la sua assoluzione in quanto nessun reato era stato compiuto, una sorta di processo alle intenzioni che nessun diritto sembra poter portare avanti.

Un altro dubbio è nato poi relativamente alla privacy del miliardo di utenti che popolano Facebook e che ogni giorno scambiano milioni di conversazioni sul social network. La piattaforma di Menlo Park si è affrettata nel chiarire che nessun utente viene spiato e che il sistema informatizzato interviene solo su particolari parole chiave ma non è dato sapere ad esempio se parti o intere conversazioni vengono salvate e memorizzate nè se sia possibile che conversazioni innocue possano finire sotto l'occhio del controllo ed essere visualizzate quindi da terzi. E' indubbio che qualsiasi soluzione possa limitare la piaga dei reati sessuali verso minori vada abbracciata e sostenuta con entusiasmo, a condizione però che non porti a perseguire utenti sulla base di una presunta volontà di compiere reati e che chattare sulla piattaforma non diventi qualcosa di più somigliante al Grande Fratello.

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