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I’m Watch, lo smartwatch italiano di Ennio Dorris esce dal mercato: “Troppa concorrenza”

“Troppa concorrenza, non ce la sentiamo”. I’m SpA, produttrice di I’m Watch, decide di interrompere le vendite del primo smartwatch italiano, lanciato quando ancora non si parlava di device simili di Samsung o Apple.
A cura di Marco Paretti
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I'm Watch

Quando Samsung ed Apple non pensavano ancora a "vestire" i propri clienti con dispositivi all'avanguardia, un'azienda italiana aveva già presentato con successo il proprio smartwatch: I'm Watch. Fondata da Manuel Zanella e Massimiliano Bertolini, I'm SpA ha creato, nel 2012, il primo smartwatch basato su Android e in grado di collegarsi al proprio smartphone per svolgere tutte quelle funzioni che ora caratterizzano gli smartwatch di imminente uscita.
Una bella storia italiana che purtroppo non ha avuto un lieto fine: l'azienda ha annunciato la liquidazione e il progetto è da considerarsi chiuso. Nemmeno l'aiuto di un finanziatore d'eccezione – Ennio Dorris, patron di Banca Mediolanum – è riuscito a salvare la situazione finanziaria del device, il quale, semplicemente, non ha trovato il riscontro sperato nei consumatori.

"I’m SpA comunica oggi la decisione di interrompere le vendite di i’m Watch a partire dal 1° ottobre prossimo e di sospendere il progetto i’m Tracer, uscendo così dal business della Wearable Technology" si legge nel comunicato che accompagna la decisione "Autentica pioniera in questo settore, l’azienda ha preso questa decisione per via dell’accesa concorrenza che si è creata sul mercato degli smartwatch con la presenza di grandi aziende multinazionali che possono contare su una straordinaria potenza finanziaria e tecnologica. Uno scenario competitivo che di fatto ha confermato una volta di più come il “first mover” di un settore difficilmente riesca poi a conquistare il mercato di riferimento".
Non se la sentono di competere con Samsung, Motorola, Apple e tutte le grandi potenze che si stanno affacciando sul mercato degli smartwatch, il Made in Italy getta la spugna e ci rinuncia.

Eppure i primi risultati erano stati incoraggianti, subito dopo l'annuncio i preordini avevano raggiunto la cifra di 10mila unità, tra cui anche alcuni riguardanti i modelli di lusso da circa 13mila dollari. Una settimana prima dell'inizio delle vendite gli ordini arrivavano da 102 paesi del mondo, con proiezioni di 50mila pezzi entro la fine dell'anno, un numero destinato a quadruplicarsi durante l'anno successivo.
Invece, nel 2013, la situazione era già disastrosa. Le perdite si attestavano a poco meno di quattro milioni di dollari e le vendite non decollavano. Ora è arrivato il colpo di grazia: i big della tecnologia sono entrati nel settore, imponendosi come macigni all'interno del mercato degli indossabili. Troppi rischi, troppe perdite e troppe incognite. Il sogno di uno smartwatch italiano finisce qui.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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