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Julian Assange, respinto l’appello contro l’estradizione

Con cinque voti favorevoli e due contrari l’alta corte inglese ha respinto la richiesta del fondatore di Wikileaks di bloccare l’estradizione per il processo farsa che lo attende in Svezia. Intanto Assange torna a respingere le accuse “motivate polticamente”.
A cura di Angelo Marra
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C'era da aspettarselo. Dopo gli USA è la Gran Bretagna il paese forse più colpito e messo in imbarazzo dalle scottanti rivelazioni rese pubbliche da Wikileaks e non stupisce pertanto che la Corte Suprema inglese abbia respinto il ricorso presentato da Julian Assange per bloccare l'estradizione in Svezia, dove lo attende un processo fantoccio messo su ad hoc per imbavagliare il pirata informatico con delle accuse al limite del ridicolo. Sì perchè il fondatore di Wikileaks è accusato di violenza sessuale, un reato orribile, se non fosse che tale definizione in Svezia è estesa anche ai rapporti sessuali perfettamente consenzienti ma senza l'utilizzo del preservativo. Julian Assange non ha stuprato nessuno, ha solo avuto due rapporti sessuali non protetti, una pratica non certo raccomandabile ma di sicuro insufficiente per incarcerare una persona in una normale democrazia. A meno che questa persona non sia il genio informatico che è riuscito a violare i sistemi di sicurezza di mezzo pianeta e a mettere alla berlina quasi tutti i governi occidentali, svelando trame e interessi a latere. In quel caso tale “inadempienza” è sufficiente per montare un caso internazionale con tanto di processo e di richiesta di estradizione dall'Inghilterra, puntualmente concessa. Ora, con il voto di 5 giudici su 7, la massima corte inglese cancella l'ultima speranza di Assange di scongiurare il processo farsa, il cui esito è già stato scritto nel momento in cui Wikileaks ha fatto le prime rivelazioni.

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