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Mashape: la start-up italiana finanziata nella Silicon Valley

Mashape è un aggregatore di applicazioni e widget nato a Milano da tre ragazzi italiani. Eppure, nel nostro Paese ha fatto fatica ad essere finanziato. I tre, sbarcati a San Francisco, non hanno avuto problemi a trovare i fondi per avviare la start-up.
A cura di Mario Maaroufi
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mashape

L'Italia, si sa, non è certo il posto ideale per trovare i giusti finanziamenti per un'idea, soprattutto nel campo informatico. L'incredulità generale e una ben radicata concezione (sbagliata) delle cose, infatti, lasciano davvero poco spazio a chi, con tanto impegno, vuol creare qualcosa di innovativo sul panorama web nazionale, magari con la possibilità di espandersi anche all'estero. L'ennesima dimostrazione arriva da Mashape, una start-up italiana creata da 3 ragazzi, Marco Palladino, Michele Zonca e Augusto Marietti, che sono stati costretti ad andare negli States pur di trovare qualcuno disposto a finanziare il loro progetto.

Nelle ultime settimane, la loro storia ha avuto una straordinaria eco mediatica. Ne ha parlato TechCrunch, uno dei più importanti tech blog del mondo, poi la notizia è rimbalzata sulle pagine del Corriere della Sera, per poi finire su uno speciale TV di Terra, trasmissione di approfondimento di Canale5, che ha dedicato una buona parte della puntata alla narrazione dell'avventura dei tre giovani milanesi che, la scorsa primavera, sono andati in cerca di fortuna nella Silicon Valley e l'hanno trovata. Secondo gli investitori del "Bel Paese" i tre erano troppo giovani per poter avere delle buone idee e, così, li hanno snobbati. Come se essere giovane fosse, di per sé, sinonimo di scarsa attitudine, come se i colpi di genio fossero una prerogativa degli uomini d'esperienza. Ma se solo quegli imprenditori si fossero presi la briga di studiare il seppur esiguo curriculum di questi ragazzi avrebbero scoperto che Augusto, a 18 anni, aveva già fondato MemboxX, il primo sito italiano di online storage di documenti e password, e Marco a soli 17 anni andava già in giro a chiedere finanziamenti per realizzare le sue idee.

Oltre 10 mesi di programmazione in uno scantinato milanese, per 90mila righe di codice in un linguaggio derivato da XML, arrivando a quello che potremmo definire come un aggregatore di applicazioni che consente agli sviluppatori di ottenere facilmente tutte le API di cui hanno bisogno per arrivare al servizio che hanno intenzione di offrire. Il tutto tramite una semplicissima barra di ricerca. Un'idea buona ma che in Italia ha fatto fatica ad essere accettata da investitori che non credevano assolutamente nelle potenzialità di ragazzi così giovani.

La storia è di quelle da film: i tre decidono di fare le valige e andare a San Francisco all'inizio del 2010 e, in soli 19 giorni, riescono a trovare i giusti finanziamenti. Arrivano prima a tre pioneri di Youtube, quindi al fondatore di HeyZap Jude Gomila, a Travis Kalanick e infine a YCombinator e Union Square Ventures, società finanziatrici di idee nuove nel settore. Ora, non resta che sfruttare i fondi ricevuti per avviare l'azienda e, come confessano i suoi creatori con occhi sognanti, "far diventare Mashape una piattaforma universale per lo sviluppo di applicazioni web".

Un'Italia che conta ma, purtroppo, solo al di fuori dei confini nazionali. Non resta che augurarsi che le cose cambino… E al più presto.

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