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Octobot, il polipo robot flessibile stampato in 3D

I ricercatori dell’Università di Harvard hanno costruito tramite stampanti 3D il primo robot completamente flessibile, chiamato Octopus per la sua forma simile ad un polipo.
A cura di Daniele Gambetta
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Dai laboratori dell'Università di Harvard è giunta la notizia: è nato il primo robot completamente flessibile. Octobot, che deve il nome alla sua forma simile a quella di un polipo (octopus, in inglese), potrebbe aprire la strada ad una nuova famiglia di robot utili in molti campi, dall'ingegneria alla sanità. Da tempo si parla di "soft-robotics", la "robotica morbida", che cerca di rivoluzionare il modo in cui le macchine interagiscono con l'essere umano grazie ad una struttura interamente flessibile, a differenza dei robot classici fatti di parti meccaniche rigide e metalliche.

Già vi erano stati in passato prototipi di robot flessibili, dalle forme di anfibi o pesci, ma finora non si era mai risolto il problema dell'alimentazione, per la quale è sempre stato necessario un classico sistema di batterie rigide. “In ognuno di questi casi, questi robot o sono necessariamente collegati ad altri sistemi oppure devono trasportare dei sistemi rigidi per la gestione e il controllo dell’energia, diventando così degli ibridi di sistema morbidi-rigidi”, dice Robert Wood, ricercatore della Harvard Microbiotics Lab. I robot morbidi si muovono grazie a variazioni di pressione interna e a camere collegate da piccoli canali. Per muovere un braccio, ad esempio, queste camere vengono gonfiate pneumaticamente, ottenendo il movimento nel punto desiderato. Inoltre questo sistema rende il numero di movimenti consentiti potenzialmente infinito. Per quanto riguarda l'alimentazione energetica, Octobot si differenzia dagli altri robot ibridi generando da sè la pressione necessaria al movimento grazie ad un carburante monopropellente, una sostanza che sotto determinate condizione rilascia energia sotto forma di gas caldi. Tutti i componenti sono stati realizzati con stampanti 3D, inclusi i sistemi di energia e di stoccaggio del combustibile.

"Una visione di lungo corso per il campo della soft robotics è stata la creazione di robot che siano completamente morbidi," spiega Wood, "ma la difficoltà è sempre stata rappresentata dalla sostituzione di componenti rigidi come le batterie e i controlli elettronici con analoghi sistemi morbidi e quindi riuscire mettere assieme il tutto. Questa ricerca dimostra che si può facilmente produrre i componenti chiave di un robot semplice, interamente morbido, che rappresenta le fondamenta per progetti più complessi". Octobot è solo una dimostrazione, ma rende l'idea delle possibili applicazioni che potrebbe trovare un dispositivo basato su questa tecnologia, dall'ambito sanitario alle missioni di ricerca e soccorso, o ancora nelle esplorazioni in luoghi prima inaccessibili.

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