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Opinioni

Odio online, con l’anonimato non diminuiscono gli abusi

L’utilizzo del nome reale porta ad una diminuzione dell’odio online? Non secondo una ricerca dell’Università di Zurigo, secondo la quale chi fomenta l’odio sui social lo fa con ancora più forza quando utilizza il suo nome vero.
A cura di Marco Paretti
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Un tempo i troll si potevano nascondere dietro ai nickname, nomi di fantasia che celavano la loro vera identità e rendevano ancora più spesso quel confine digitale che separa il mondo reale da quello virtuale. Oggi, anche grazie ai social network, i nick sono in declino in favore di un utilizzo più esteso del nome reale, un elemento che solo apparentemente ha portato ad un ridimensionamento dei cosiddetti leoni da tastiera. Ad affermarlo è uno studio dell'Università di Zurigo, secondo il quale chi fomenta l'odio online lo fa con ancora più forza quando utilizza il suo nome vero.

Basterebbe in effetti farsi un giro tra i commenti delle pagine Facebook per trovare innumerevoli esternazioni cariche d'odio pubblicate da account con nome, cognome e immagine di profilo. Di nomi di fantasia ce ne sono ancora nonostante Facebook abbia attuato una crociata contro i nick non reali – attirando a sé anche numerose critiche – ma secondo la ricerca svizzera non nasconderebbero i "troll" più violenti. Questi ultimi, che ormai hanno invaso social network, siti di petizioni e portali di recensioni, utilizzerebbero il proprio nome e cognome senza troppi problemi anche per offendere e attaccare altri utenti.

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La ricerca condotta da Lea Stahel, dottoranda e ricercatrice di sociologia all'ateneo svizzero, in collaborazione con Katja Rost e l'economista Bruno S. Frey, ha analizzato 532.197 commenti inviati tra il 2010 e il 2013 su un sito di petizioni tedesco – Openpetition.de – da utenti che potevano scegliere se nascondersi dietro un nome di fantasia o utilizzare la propria identità reale. Lo studio ha svelato che le offese peggiori arrivano dagli utenti caratterizzati dal nome reale piuttosto che da chi si nasconde dietro un nick. "Questi sono risultati che smentiscono l'idea secondo la quale proibendo l'anonimato online potremo costruire una rete migliore" ha spiegato Stahel. "Il punto fondamentale è che vietare l'anonimato non risolverà la questione delle tempeste verbali".

Un approccio basato su fatto che spesso i commenti carichi d'odio rappresentano una presa di posizione dei troll, che quindi vogliono metterci la faccia nonostante il contesto apparentemente "scomodo". Le conseguenze non sembrano quindi spaventare i violenti digitali, elemento che rende forse meno incisive le campagne di alcuni social network, Facebook compreso, contro l'anonimato in favore del nome vero. Non sarebbe questa la soluzione di un problema che spesso nasce proprio dalla volontà di uscire dal coro, sia da parte degli utenti attraverso i commenti che da parte di personalità del mondo dello spettacolo o politici. Che a volte sono i primi ad abusare della comunicazione online.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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