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Paolo Barberis: passato, presente e futuro – Intervista esclusiva all’(ex) presidente di Dada

Non è facile provare ad entrare nella mente di qualcuno, specie se quel qualcuno percepisce il mondo e tutto ciò che ci circonda in maniera…
A cura di Anna Coluccino
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Non è facile provare ad entrare nella mente di qualcuno, specie se quel qualcuno percepisce il mondo e tutto ciò che ci circonda in maniera un po' diversa da come fanno "gli altri", specie se quel qualcuno ha visto la rete e il suo futuro prima di chiunque in Italia, specie se quel qualcuno si chiama Paolo Barberis e sta vivendo (qui e ora) uno dei momenti topici della sua vita e della sua carriera: l'abbandono di Dada, della sua creatura del suo "amore".

Che cosa potrebbe mai vedere, pensare, sentire qualcuno che sa guardare oltre la siepe di leopardiana memoria, quali sono i profumi che al suo naso appaiono limpidi e che i nostri nasi ancora stentano a percepire? Con questa intervista, tentiamo di dare una risposta a tutto questo, proviamo a presentare l'uomo, il presidente, l'artista.

Un ritratto a tutto tondo che intende chiarire un unico punto: che colore ha il mondo tecnologico visto con gli occhi di Paolo?

In una recente intervista ha espresso il desiderio di dire la sua in merito al futuro dell’editoria: come vede la riproposizione del concetto di “news a pagamento” (es. “The Daily” di Murdoch) in un mondo in cui l’informazione è sempre più libera, gratuita e diversificata?

Se si chiede il pagamento per le “solite” news, vedo poche possibilità ma se il pagamento darà in cambio un’informazione innovativa, personale, che sfrutta aggregazione e condivisione e valorizza i mezzi con cui si veicola (un tablet IOS o Android, per dirne due) allora può esserci un mercato. La conoscenza e la possibilità di renderla il più “gommosa” possibile ha un valore, soprattutto nel futuro digitale. Non si tratta semplicemente di far “vivere” qualcosa all’interno di contenitori diversi ma di fondere e sciogliere l’informazione in un mondo che ha le sue regole e il suo destino. L’editoria digitale è un settore nuovo e un progetto in questo ambito, per essere vincente, deve confrontare know how diversi per creare soluzioni che muovano altre soluzioni. Il valore aggiunto deve poi essere percepito, nella sua completezza, dal mondo esterno. Questa è l’evoluzione del digitale e quindi il destino dei settori che vi si avvicinano.

Alla luce dei concetti di semplicità e rapidità di esecuzione a cui tanto è legato, c’è un semplicissimo progetto per il web di cui le sarebbe piaciuto essere artefice? Le è mai capitato di avere una grande idea rispetto alla cui realizzazione è stato battuto sul tempo?

Adwords ;)

Ognuno di noi si muove all’interno dello stesso mondo, qui le percezioni sono simili ed è la forza e l’opportunità di realizzarle che concede il posto sul podio. Il tempismo, il momento giusto sono importanti, a volte determinanti, a volte una soluzione modifica il destino di tutti sfruttando questo fattore. Ma è anche vero che arrivare primi può dare solo risultati temporanei mentre è sicuramente vincente arrivare con il team e la soluzione migliori. Quindi non solo l’idea ma soprattutto esecuzione e profonda conoscenza del mondo digitale.

Qual è il trend della rete a cui sta prestando maggiore attenzione nell’ultimo periodo?

L’oro nero del futuro: il layer dei percorsi di Rete, dai link alle immagini cliccabili; tutto ciò che orienta e crea valore. Credo che su questo sistema operativo si stia costruendo l’economia di Rete, con la definizione dei ruoli dei valori in campo.

Oro, Acqua e il Petrolio sono, nella Rete, Persone, Presenza e Traffico.

In Italia l'esposizione mediatica dei guru della tecnologia è decisamente più contenuta che negli USA, ma se qualcuno dovesse mai pensare di fare un film sulla nascita e il successo di Dada, ci sarebbe sufficiente materiale per girare la versione italiana, rivista e corretta, di "The Social Network" o la vostra avventura è scevra da macchinazioni e sotterfugi?

Macchinazioni e sotterfugi forse sono il “baricentro” di Facebook, la storia della nascita di Dada mi piacerebbe di più ricordasse Amici Miei ;)

Certo in 15 anni ne sono successe parecchie, considera che abbiamo vissuto la Rete con le euforie e le incertezze del momento, che dall’interno percepivamo in altro modo, ma che comunque ci condizionavano. Avremmo materiale per raccontare una storia: la nostra e quella di una coreografia fatta di sogni simili e grandi difficoltà, in un periodo in cui in Italia c’era solo una vaga percezione delle potenzialità del web.

Di semplice non c’è niente, le macchinazioni esistono, ci circondano, cambiano faccia e a volte sono difficili da comprendere, forse anche da individuare. Ma questo mondo possiamo semplificarlo e creare strutture che lo rendano libero da regole e libero di essere. Il controllo, così come un pensiero troppo complesso, è una forzatura inutile che prima o poi fallirà. Non c’è macchinazione che possa fermare un’idea. La più semplice. Non c’è sotterfugio che possa fermare una domanda comune a molti.

Ci racconta che cosa è successo il giorno in cui l’azienda che ha fondato insieme a quattro amici è stata quotata in borsa? Ricordi cosa ha fatto e cosa ha provato quel giorno?

La mia vita è coinvolta continuamente in eventi inaspettati o comunque importanti e non arrivano mai soli. È stata una notte strana, non ho chiuso occhio. Ero in hotel e la camera vicino alla mia stava andando a fuoco, intanto una piccola idea si stava quotando in borsa, stava diventando grande o soltanto diversa. Ricordo l’euforia, i momenti e le espressioni di tutti. Un punto di arrivo è un momento in cui si concentrano sogni, vittorie, sforzi e momenti difficili. È un punto strano, fatto di molteplici sensazioni, è come il riassunto di una parte di vissuto.

Ho provato tante cosa fra le quali sicuramente orgoglio, ero orgoglioso di Dada e delle persone che ne facevano parte. È stata una nuova partenza mentre in quella camera io ne percepivo l’arrivo. Ogni avvenimento dobbiamo viverlo al massimo sapendo che lo collocheremo su uno scaffale della nostra vita in modo diverso rispetto al presente.

Le piacerebbe commentare queste foto per noi e magari paragonare questi tre momenti ad eventi importanti della sua vita professionale?

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La vela è la passione che mi ha coinvolto già da piccolo, fa parte dell’eredità di mio padre, la sento vicina e mi lega alle radici. E’ lo spirito di Dada. Rappresenta la libertà di pensiero perché creare è qualcosa che si può fare quando ci si libera dagli schemi, quando si lascia la riva. Dada è fuori dal porto, insegue i venti per farsi sospingere ancora un po' ed è sostenuta dalla forza della Rete, si muove con lei, nel silenzio. La vela è l’idea di costruire Dada, la scintilla, e anche la sua anima … e la mia.

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La maratona esprime resistenza, quella che serve dopo che è arrivata l’idea, quando c’è da realizzare, quando arrivano le domande, quando si creano le difficoltà. Quando, in sostanza, non ci si può fermare.

La maratona è il primo anno di Dada. E l’arrivo è la sua prima candelina.

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Lo sci concentra in pochissimo tempo le scelte di ogni giorno. E’ lo stile con cui l’ho guidata e lo stile di tutti quelli che hanno contribuito.

Per vincere bisogna essere preparati e dare il massimo, senza dubbi o incertezze. Il dubbio serve prima, in fase preparatoria, per migliorare, per dare il massimo sulla pista. Lo sci è ogni giorno di questi ultimi 15 anni.

DADAnet e i primi accessi alla rete, Incontri di supereva, le guide di supereva, register.it/domini.it, Clarence con Gianluca Neri e Roberto Grassilli, sono tutte idee che hanno cambiato il volto del web e che le hanno fatto guadagnare la fama di visionario. Possiamo chiederle qual è stata la sua migliore idea, quella che le ha dato maggior soddisfazione creativa?

Credo che Dada valga come progetto globale. Come piattaforma e luogo delle idee per la Rete in Italia. Molto diversa da una StartUp focalizzata, più adatta a generare cultura di Rete e persone di spessore. Dada è il posto ideale in cui creare StartUp.

Curiosando in rete abbiamo scoperto che lei è un uomo decisamente sportivo e probabilmente non è un caso. Il linguaggio manageriale è infarcito di metafore sportive, forse perché in molti casi i meccanismi sono simili. A quale sport somiglia di più il suo stile di organizzazione aziendale? Perché?

Amo fare sport perché amo il movimento e sfidare me stesso. Mi permette di capire chi sono in ogni periodo della mia vita.

Dada è uno stile di vita condiviso, è costruita intorno a me, ha il mio DNA. In Dada non ci si risparmia, ogni minuto è importante, ognuno ha il ruolo che si è scelto e che ama, c’è feeling perché questo fa la differenza fra vittoria e sconfitta, c’è voglia di fare, tutti hanno un obiettivo comune e la voglia di raggiungerlo, tutti vivono ogni minuto con la stessa passione ed esiste un codice per espressioni che dicono tutto. Dada è una squadra vincente, difficile da fermare, è indivisibile, ha un forte potere di attrazione e fra i suoi componenti c’è sinergia a distanza di km e di tempo.

Qual è la foto, l’immagine, il manifesto che rappresenta meglio il suo percorso fino a qui?

In Dada, in ogni sua forma, trovate chi sono stato, chi sono oggi e cosa cerco.

Per le persone comuni è difficile comprendere fino in fondo la sensazione che scaturisce dal portare a termine un’impresa epica. E, invece, mi sembra che lei sia quasi dipendente (nella migliore accezione del termine) da questa sensazione: correre la maratona, andare a vela, costruire un’impresa con 15 sedi nel mondo e 700 collaboratori. Queste non sono cose che fanno tutti. Quali sono le sue motivazioni?

Sono sempre in movimento semplicemente perché mi piace. Esprimo ciò che sono. Se c’è coerenza fra l’interno e l’esterno si trova l’equilibrio per essere ciò che sogniamo.

Ci suggerisca un brano musicale e una sequenza filmica che, secondo lei, possono aiutare il lettore ad immedesimarsi in ciò che ha provato e prova quando riesce a spostare i suoi limiti qualche metro più in là?

Credo che molti lettori si immedesimo benissimo, ognuno di noi supera limiti in modo più o meno visibile. Loro sanno ciò che ho provato e che provo adesso. Ma se dovessi esprimerlo come una sequenza di immagini forse più che Rocky che sale di corsa la scalinata mi viene in mente il film Chocolat, perché è come sedurre se stessi per poi amarsi un pezzetto di più.

Che cosa la ispira al di sopra di tutto? Insomma, non può essere solo studio del mercato, analisi e ragionamento logico, altrimenti (con un po’ d’esercizio…) sarebbero capaci tutti. D’altronde, è pur vero che lei è un architetto e che quindi, di base, ha l’anima dell’artista. Le idee arrivano così, all’improvviso, mentre è intento a fare altro, o va a cercarle seguendo un preciso rituale? E una volta che sono arrivate… Come ci lavora su?

L’architetto non è solo un artista ma un cercatore, cerca forme diverse e il modo di farle stare in piedi. Ha nell’anima la voglia creare, costruire il nuovo, conosce e apprezza la bellezza. Ha uno spirito ribelle anche se evita di farlo notare, e quello spirito lo condanna a notti senza sonno, a fissare un punto bianco in un muro bianco per vedere qualcosa che nessuno ha mai visto. È attratto dalle forme, dai colori e percorre strade nuove continuamente. Non è mai veramente immobile, neanche disteso sotto il sole. Segue il mondo costruendo pezzetti nuovi per poi osservarne l’insieme, sa fondersi con ciò che vede, ne ha rispetto e comprensione. Direi che si, sono decisamente un architetto e mi avvalgo di competenze importanti, di persone di fiducia che testano idee e soluzioni. Con loro diamo poi il calcio di inizio. Sono esperienze che ripetute all’infinito non stancano mai. Ecco, direi che questa è una buona definizione di me: uno che non si stanca mai a cui le idee arrivano da sole perché il pensiero è qualcosa di soffice che non si può forzare, c’è sempre ma affiora solo quando siamo in grado di percepirlo nel modo migliore.

Quando nel 1985 Steve Jobs lasciò la Apple, decise di ricominciare da zero e, mentre possiamo dire che Jobs senza la Apple se la cavò piuttosto bene, non è affatto possibile asserire il contrario. Come vede il futuro di Dada senza di lei?

Dada è un progetto, ha bisogno di essere tenuta in movimento. Non so se ci sarà la voglia, più che la capacità, di immettere energia per farla continuare a viaggiare. Ogni realtà ha la sua storia e il suo destino. Dada ha il suo e nessuno può conoscerlo ma so chi è stata e chi potrebbe essere.

Che cosa prova, ora, all’idea di lasciare quello per cui ha lavorato negli ultimi 15 anni della tua vita, gli amici, i colleghi, i progetti… ? Immagino che tutto questo dia un senso di vertigine difficilmente sostenibile. E’ un cambiamento epocale, uno dei passaggi chiave della sua intera esistenza, e non solo professionale. Riesce a descrivere le sensazioni che prova in questo momento?

È difficile da descrivere, non so se sia un passaggio chiave, questo potrò dirlo solo fra qualche anno quando lo paragonerò con altri avvenimenti. Dicono che non ci capiti mai qualcosa che non possiamo sostenere. È un momento molto particolare che sta fra la vertigine e una spinta fortissima. Passo da un periodo in cui ero in corsa e non potevo fermarmi a uno in cui sono padrone del mio tempo e lo uso per disegnare la mia nuova vita. Da questo punto di vista è inebriante. Ho avuto molto negli anni passati, non so cosa mi riserverà la vita, non so come potrò superare questo limite ma so che accadrà perché io sono così, perché le persone vicine a me sono così.

Nel famoso discorso alla Stanford University, Steve Jobs disse che essere cacciato da Apple, si rivelò la cosa migliore che gli potesse capitare, perché “la pesantezza del successo venne rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante” e così cominciò il periodo più creativo della sua vita. Anche se, nel suo caso, l’abbandono è volontario, sta provando qualcosa del genere? Crede che la sua creatività possa venire stimolata da questo cambiamento?


Onorato di essere paragonato a Steve :)

Il successo è una cosa strana. Indipendentemente dalla quantità è fatto di un materiale che tutta la persona non può fare a meno di assorbire.

Talvolta è pesante da portarsi dietro in ogni situazione della vita. E’ il metro con cui si viene giudicati, mette sotto i riflettori e allontana da una vita più normale dove si può sbagliare in silenzio, dove una nostra scelta non cade necessariamente a pioggia su altre vite. Il successo è una responsabilità non sempre piacevole. Direi che rende anche molto rumorosi, si finisce per far rumore sia quando si sceglie sia quando si attende un evento. È anche molto bello, permette di dare energia alle persone, è un posto dal quale si possono osservare talenti. È un privilegio che va saputo gestire, perché non ci intacchi troppo l’anima che deve rimanere avvolta nella sua semplicità. Credo che con il successo sia importante essere sia Peter Pan che Capitan Uncino, sia grandi che piccoli, folli e conservatori e osservare il mondo con una doppia anima. Capisco che per Steve liberarsene per un pò sia stato positivo.

La creatività può essere stimolata da emozioni forti, è possibile quindi che anche da situazioni difficili nascano cambiamenti positivi, è possibile che situazioni che modificano così profondamente la vita delle persone siano non solo uno stimolo ma, in alcuni casi, generino forza e coraggio inaspettati. Ogni situazione può tirare fuori il meglio di noi o il peggio. Ma dipende appunto da noi. Da come affrontiamo la vita e le novità, dalla nostra personale filosofia. Kipling ci salva, in questi casi, raccontandoci quanto può essere grande l’animo umano, quanto potremmo essere costruttivi e collaborativi, quanto potremmo migliorare il nostro mondo cooperando; ci fa vedere una vita possibile:

Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina e trattare allo stesso modo quei due impostori … se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite e rischiarle in un colpo solo a testa e croce… tua è la Terra e tutto ciò che è in essa e, quel che è di più, sei un uomo figlio mio!

Se questo cambiamento migliorerà la mia creatività non so, la voglia di fare, di essere di nuovo alla partenza lanciato verso un nuovo possibile traguardo, ce l’ho di certo.

Che cosa farà adesso? Quale sarà la prima tappa della sua “rinascita” umana e professionale?

Qualcosa che costruirò momento dopo momento e che desidero tenere riservato. La carta vincente in questo progetto sarà la mia capacità di staccarmi da un passato così bello e importante per disegnare qualcosa che non somigli a niente di ciò che ho visto e vissuto, con una nuova architettura e nuove forme. Una vera alchimia.

Intervista a cura di:
Anna Coluccino

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