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Quando la stampa 3D può essere utile per sbloccare uno smartphone

La Polizia del Michigan, per evitare la nascita di contenziosi come quelli visti nella vicenda che ha riguardato la strage di San Bernardino, ha deciso di risolvere un caso facendo affidamento alla Stampa 3D. L’esigenza è nata quando la polizia si è trovata nelle condizioni di dover sbloccare uno smartphone.
A cura di Francesco Russo
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La Polizia del Michigan, per evitare la nascita di contenziosi come quelli visti nella vicenda che ha riguardato la strage di San Bernardino, ha deciso di risolvere un caso facendo affidamento alla Stampa 3D. Il caso da risolvere è un omicidio e la polizia si è trovata nelle condizioni di dover sbloccare uno smartphone. Per evitare situazioni legali come quella che ha coinvolto l'FBI e Apple, la polizia ha pensato di rivolgersi agli studenti e ai docenti della Michigan State University. Il caso è ancora sotto le attività investigative e non si conoscono molti dettagli, ma quello che si sa è che il motivo che ha spinto la polizia verso una soluzione alternativa è che il dispositivo ha in dotazione il sistema biometrico dello sblocco attraverso le impronte digitale. L'idea è dunque quella di creare un calco della mano per riprodurre le impronte digitali e così sbloccare il telefono, attraverso la stampa 3D.

L'idea di ricorrere alla stampa 3D è giunta per evitare episodi giudiziari come quello che hanno visto di fronte l'FBI e Apple per sbloccare l'iPhone utilizzato da uno dei due attentatori della strage di San Bernardino. La polizia si è rivolta dunque a Anil Jain, responsabile del "Department of Computer Science & Engineering" della Michigan State University, per lavorare su modelli del calco della mano di un omicida che possano aiutare a sbloccare il dispositivo posseduto dall'uomo. Come già visto in altri casi, la speranza è che il contenuto del dispositivo possa essere utile per le indagini, ancora in corso.

E proprio perchè le indagini sono in corso lo stesso professor Jain non si sbilancia molto nello spiegare il modo in cui è stato coinvolto in questa vicenda. L'operazione è partita ormai da qualche settimana, quando lo stesso professor Jain è stato contattato da un funzionario di cui non può riferire il nome. Il coinvolgimento del professor Jain non è casuale, infatti sta lavorando proprio su un progetto, basato su dispositivi Samsung e Huawei, che dimostra come le impronte digitali possono essere stampate con inchiostro conduttivo, e quindi potrebbe essere in grado di sbloccare il dispositivo.

Per la stampa delle impronte digitali sono state utilizzate diverse macchine di una certa precisione, quindi molto sofisticate e molto costose. Il progetto tra l'altro viene condiviso anche con altri ricercatori al fine di arrivare alla stampa 3D perfetta per la soluzione del caso.

Al momento non si conosce altro visto che le operazioni e le indagini sono ancora in corso e nelle prossime settimane si avranno certamente dei risultati più concreti. Di certo bisognerà valutare l'impatto che questa attività possa avere sulla privacy, il tema che ha fatto da sfondo proprio alla diatriba FBI/Apple.

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