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Questi sono i tuoi dati che Facebook rilascia alla Polizia

Durante le indagini per un omicidio negli USA l’autorità giudiziaria americana ha fatto richiesta al re dei social network di alcune informazioni in merito ad un ricercato. Palo Alto ha fornito tutti i dati relativi all’indagato presenti sulla piattaforma, un documento ufficiale che compare tra quelli relativi all’indagine.
A cura di Angelo Marra
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Qualche mese fa durante l'attacco di Anonymous alla società di intelligence Stratfor tra i vari documenti ritrovati c'era una mail scambiata tra due analisti nella quale uno dei due sosteneva che tra le varie aziende che finanziano Facebook ci sia la Palantir, anch'essa operante nel campo delle informazioni riservate la cui creazione è stata promossa niente di meno che dalla CIA. Si trattava solo di uno scambio informale di mail ma quel riferimento al finanziamento della Palantir è stato sufficiente per gettare benzina sul fuoco delle teorie complottiste che vogliono Facebook come un Grande Fratello che immagazzina informazioni su chiunque di noi, una piattaforma creata appositamente per mettere su un database mondiale sulle nostre vite (a disposizione di qualche fantomatica agenzia segreta).

Aldilà di alcuni punti di vista forse un po' estremisti, è un dato di fatto che il social network di Palo Alto sia forse il sito che più di ogni altro organo o istituzione detiene informazioni private e personali su di noi, sulla nostra vita, sulle nostre amicizie e così via, il tutto non frutto di indagini segrete e meticolose alla STASI bensì di un azione volontaria da parte nostra, che scegliamo di condividere la nostra quotidianità in maniera del tutto spontanea. La mail tra i due analisti della Stratfor, per quanto di origine autorevole vista la potenza dell'agenzia di intelligence che opera ai massimi livelli, non può certo provare la teoria del grande occhio di Facebook ma non occorre abbracciare visioni estremiste per rendersi conto che ogni volta che scriviamo un post, condividiamo un contenuto, stringiamo amicizia e tutte le altre attività che svolgiamo sul sito bianco e blu queste vengono immagazzinate e vanno a comporre una sorta di dossier personale a disposizione di Facebook (anche quando decidiamo di chiudere il nostro account, le informazioni non vengono cancellate dalla piattaforma ma solo congelate).

Negli ultimi tre anni, con la diffusione capillare della piattaforma, prossima a festeggiare il miliardo di iscritti, questo calderone di dati si è andata man man ingrandendo, finendo per essere uno strumento grazie al quale, ad esempio, le forze dell'ordine possono venire a conoscenza di informazioni che altrimenti necessiterebbero di lunghe e dispendiose indagini. Un recente caso di omicidio negli USA è servito per dimostrare a che livello la piattaforma di Palo Alto collabori con l'autorità giudiziaria, con una serie di documenti dettagliati relativi all'assassino provenienti dalla piattaforma e finiti sul tavolo degli inquirenti, una collaborazione già verificatasi più volte in passato ma che Facebook non ha mai voluto ufficializzare per timore forse di far sentire violata la privacy degli utenti.

Fatto sta che Palo Alto non ha mai voluto rendere noto il numero delle cause a cui la piattaforma ha “collaborato”, fornendo informazioni di ogni tipo agli investigatori e quelle trapelate dal caso in questione non hanno mancato di suscitare polemiche, in quanto secondo alcune interpretazioni tali dati sarebbero tutelati dallo Stored Communications Act. Da una parte appare chiaro come lo sviluppo e la diffusione capillare dei social network sia stata così repentina da non aver trovato altrettanto velocemente un inquadramento giuridico definitivo, tale da stabilire oneri ed onori delle piattaforme riguardo alla legge (e soprattutto all'utilizzo legale di tali dati); d'altro canto, a fronte di reati come l'omicidio in questione, avere accesso a tali informazioni potrebbe essere uno strumento preziosissimo nelle mani degli investigatori (a meno che, come molti temono, di tale libertà non si finisca per abusarne).

La collaborazione tra Facebook e le forze dell'ordine è salita agli onori della cronaca grazie ad un articolo del Boston Phoenix inerente ad un efferato delitto accaduto a Boston; una “massaggiatrice” che pubblicizzava la propria attività sul noto sito di incontri Craiglist è stata uccisa con tre colpi di pistola a bruciapelo e i numerosi clienti con i quali la donna intratteneva rapporti lavorativi hanno reso più complicata l'individuazione del colpevole. Dopo alcune indagini la polizia ha puntato la sua attenzione su un uomo, Philip Markoff, sospettato di essere l'autore dell'assassinio, ma evidentemente le prove a suo carico non erano sufficienti per incriminarlo. Così la polizia di Boston ha fatto richiesta a Facebook, al quale l'uomo era iscritto, per avere tutte le informazioni possibili relative all'attività dell'uomo.

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Il social network non si è fatto pregare ed ha consegnato agli inquirenti un documento riservato di oltre 70 pagine (qui il link al documento completo), i cui dettagli sono così minuziosi e completi da far nascere qualche perplessità. Palo Alto infatti ha fornito ogni tipo di informazione possibile, dallo scambio di messaggi privati all'elenco delle amicizia, dai dati relativi al login (come l'ip dal quale l'uomo si connetteva) fino alla geolocalizzazione di foto e post oltre a tutte le immagini condivise sulla piattaforma. Un vero e proprio dossier dettagliato di ogni aspetto della vita dell'uomo, realizzato non da una società di spionaggio o un'agenzia di intelligence bensì dal social network che tutti noi utilizziamo quotidianamente.

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Il fatto che Facebook con i suoi sterminati archivi possa aver collaborato all'individuazione di un assassino è di per sé qualcosa che chiunque di noi non può che condividere e sicuramente l'auspicio generale è che possa tornare utile in molti altri casi magari irrisolti; resta il rovescio della medaglia, ovvero l'utilizzo di un potere così forte nelle mani sbagliate. Gli USA sono una democrazia, imperfetta ma una democrazia; cosa succederebbe se il gigante di Palo Alto offrisse lo stesso tipo di collaborazione, ad esempio, a dittature o governi che perseguono opposizioni e limitano le libertà dei cittadini? Se Facebook si mette a disposizione della legge di ogni singolo paese, cosa potrebbe fermarlo nel fornire all'autorità giudiziaria informazioni su dissidenti, blogger che lottano contro le dittature e tutti coloro che utilizzano la rete e i social network per fare opposizione politica?

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