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Spotify, l’IPO in borsa potrebbe arrivare in autunno

Spotify, il popolare servizio di musica in streaming on demand, secondo fonti ben informate, starebbe preparandosi ad una IPO per il prossimo autunno. Alla base di queste indiscrezioni ci sarebbero intensi incontri ancora informali con importanti banche di investimento.
A cura di Francesco Russo
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La notizia è stata lanciata da poco da Quartz, sito di informazione specializzato in finance e business, e da subito sta avendo un grande risalto, come c'era da immaginarsi. Secondo le fonti accreditate raccolte da Quartz, Spotify, popolarissimo servizio di musica in streaming on demand, starebbe organizzandosi per lanciare una IPO (Initial Public Offering), una Offerta Pubblica Iniziale, in autunno. Le fonti raccolte dal sito si basano su continui contatti e colloqui, anche se informali, con importanti banche di investimento. Ma la notizia vera è che già dal prossimo mese questi colloqui diventeranno formali e quindi tali da poter far pensare ad una concreta idea di IPO in autunno. Ovviamente, come spesso capita in questi casi, non ci sono conferme ufficiali da Spotify, ma non è escluso che questo possa accadere a breve.

Altra forte indiscrezione che porta a confermare questa notizia, è che ultimamente Spotify ha compiuto dei passi tipici di chi sta per prepararsi ad una IPO. E cioè, di recente ha acquisito la società che gestisce gli algoritmi che Spotify utilizza per alimentare il suo servizio online e, forse indizio più importante, ha ricevuto, all'inizio di questo mese, un credito di 200 milioni di dollari da banche tra le quali figura anche Morgan Stanley. Morgan Stanley e Goldman Sachs figurano anche nelle operazioni finanziarie che hanno portato Facebook e Twitter a quotarsi in borsa. L'azione di finanziare queste aziende forti nel settore tech, all'interno del settore, suona un po' come la prova che ci si sta orientando verso una quotazione in borsa, anche perchè lo scopo delle banche è di poter entrare in business con questo tipo di società e di gestire per loro una IPO, sicure che per loro sarà un affare.

A questo punto Spotify non dovrebbe fare altro che individuare la banca, o le banche, a cui affidarsi in modo da iniziare le formalità del caso già in Maggio.

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Ma il dato che risulterebbe interessante per le banche è che la gran parte dei proventi che Spotify riesce a raccogliere arriva dalle sottoscrizioni piuttosto che dalla pubblicità. Nello specifico, l'85% dei profitti deriva dalle sottoscrizioni, mentre il restante 15% proviene da advertising. Modello completamente diverso da quello di Pandora, altro servizio di musica in streaming, non ancora disponibile in Italia, in cui profitti provengono per l'88% da pubblicità e il 12 da sottoscrizioni. Quindi Spotify presenta un modello di business chiaro e forse anche più solido di altre società che di recente si sono quotate a Wall Street.

In Italia solo nel 2013 gli utenti hanno ascoltato qualcosa come 65 milioni di musica che se messe insieme fanno 7.500 anni di musica continua, e sono state create più di 15 milioni di playlist. E anche per quanto riguarda il nostro paese, l'utente medio si Spotify è un utente che vuole spendere per ascoltare e conservare la sua musica preferita.

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