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Opinioni

Stop immigrazione in Usa: così la Silicon Valley ha risposto a Donald Trump

Le nuove politiche sull’immigrazione hanno colpito il cuore della Silicon Valley, già schieratasi in gran parte contro il nuovo Presidente degli Usa e che nelle ultime ore ha criticato (quasi) all’unanimità la decisione di Trump.
A cura di Marco Paretti
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La nuova politica sull'immigrazione voluta da Donald Trump ha scatenato una grande ondata di proteste in tutti gli Stati Uniti a causa del blocco per tre mesi degli arrivi da sette paesi a maggioranza islamica e per quattro mesi del programma dei rifugiati. Un ordine che ha inevitabilmente colpito anche le grandi aziende tecnologiche americane, la cui forza lavoro è composta da numerosi dipendenti in possesso di un passaporto relativo ad uno dei sette paesi interessati dalla nuova politica. Il provvedimento ha di fatto colpito il cuore della Silicon Valley, già schieratasi in gran parte contro il nuovo Presidente degli Usa e che nelle ultime ore ha criticato (quasi) all'unanimità la decisione di Trump.

Apple: "Non è una politica che supportiamo"

Il CEO di Apple Tim Cook ha rilasciato una nota subito dopo l'annuncio del provvedimento di Trump, definendo la scelta del nuovo Presidente "una politica che non supportiamo". Apple avrebbe inoltre contattato la Casa Bianca per protestare contro il blocco degli arrivi. Apple, come molte altre realtà della Silicon Valley, si trova ora diversi dipendenti bloccati al di fuori degli Usa.

Google: "Siamo preoccupati dall'impatto di questo provvedimento"

Alla testata Bloomberg Google ha spiegato di essere preoccupata per l'impatto di questo ordine e di qualsiasi proposta che possa porre restrizioni sui dipendenti di Google e le loro famiglie o creare barriere che possano separare i talenti dal paese. In una nota inviata internamente dal CEO Sundar Pichai, invece, si legge che è "doloroso vedere il costo personale di questo ordine esecutivo sui nostri colleghi". Larry Page, co-fondatore di Google, non ha rilasciato dichiarazioni, ma l'altro co-fondatore, Sergey Brin, ha partecipato alle proteste all'interno del San Francisco International Airport.

Facebook: "Dobbiamo tenere aperte le porte per i rifugiati"

Quella di Mark Zuckerberg è stata una delle risposte più vaghe all'annuncio della nuova politica. In una messaggio pubblicato sulla sua bacheca il CEO di Facebook ha spiegato di essere preoccupato per l'ordine del Presidente, ma ha mostrato supporto per i vaghi commenti di Trump riguardo al trovare una soluzione per la difficile situazione dell'immigrazione. "Dobbiamo anche tenere aperte le nostre porte ai rifugiati e a chi ne ha bisogno" ha scritto nel post.

Uber: "Risarciremo i guidatori bloccati all'estero"

Uber si è impegnato a risarcire tutti i suoi guidatori che attualmente si trovano bloccati all'estero a causa delle nuove politiche sull'immigrazione. "Questo blocco avrà un impatto su molte persone innocenti" ha spiegato il CEO Travis Kalanick. Ieri l'azienda è stata fortemente criticata per aver temporaneamente disabilitato la tariffa dinamica – quella che incrementa il prezzo in base alla richiesta – proprio durante uno sciopero dei taxi. In risposta, Kalanick ha spiegato di voler donare 3 milioni di dollari per finanziare la difesa legale dei guidatori coinvolti dal blocco.

Netflix: "Una settimana molto triste"

Denunciando la nuova politica di Trump, il CEO del servizio Reed Hastings ha definito gli ultimi 7 giorni "una settimana molto triste". "Le azioni di Trump stanno danneggiando i dipendenti di Netflix in tutto il mondo e sono così poco americane che fanno male a tutti noi" ha scritto in un post. "Ancora peggio, queste azioni rendono l'America meno sicura a causa dell'odio e della perdita di alleati".

Airbnb: "Case gratis per i rifugiati"

Il servizio di affitto di alloggi ha immediatamente condannato il blocco degli arrivi, sottolineando di "stare dalla parte delle persone colpite". Su Twitter il CEO Brian Chesky ha annunciato di voler offrire alloggi gratuiti a tutti gli immigrati non accettati negli Usa. "Contattatemi se avete bisogno urgente di una casa" ha spiegato.

Microsoft: "Un grosso passo indietro"

Quella dell'azienda di Redmond è stata una risposta in due passi, di cui solo uno deciso e contro la politica. Non c'è da stupirsi: Microsoft è da anni fornitore del governo americano, quindi la risposta iniziale è stata molto vaga e relativa a preoccupazioni non specifiche riguardanti i propri dipendenti colpiti dal blocco. Domenica, invece, l'azienda ha rilasciato un'ulteriore dichiarazione definendo le nuove politiche "sbagliate" e "un grosso passo indietro".

Twitter: "L'impatto è reale e sconvolgente"

Il CEO del social network Jack Dorsey ha definito il blocco "reale e sconvolgente" in un tweet pubblicato nel weekend. "Beneficiamo da ciò che i rifugiati e gli immigrati portano negli Stati Uniti" ha spiegato. L'azienda ha inoltre pubblicato un ulteriore tweet sul profilo ufficiale del social network: "Twitter è creato da immigrati di tutte le religioni. Saremo con loro, sempre".

Tesla: "Non si meritano di essere respinti"

"Molte persone colpite da questo blocco sono forti sostenitori degli Stati Uniti" ha scritto il CEO Elon Musk su Twitter. "Hanno fatto cose giuste, non sbagliate e non meritano di essere respinti".

Amazon: "La diversità è la nostra forza"

Il colosso dell'e-commerce ha offerto a tutti i suoi dipendenti dei piani per contrastare la situazione. "Fin dagli inizi Amazon si è impegnata per l'uguaglianza dei diritti, la tolleranza e la diversità e sarà sempre così" ha scritto il vice presidente delle risorse umane Beth Galetti. "Crescendo come azienda, abbiamo lavorato duramente per attrarre talenti da tutto il mondo e crediamo che questo sia uno degli elementi che rendono grande Amazon: una forza lavoro diversa che ci aiuta a costruire prodotti migliori per i consumatori".

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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