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Troll, Ban e Sexting: se li fate siete criminali (lo dice il Ministero della Giustizia)

Troll, ban e sexting. Sono termini che chi utilizza il web conoscerà bene: fanno ormai parte, insieme ad altri, del cosiddetto gergo di internet e da anni vengono utilizzati da tutti i navigatori. Secondo il Glossario del Cybercrimine pubblicato dal Ministero della Giustizia, però, questi termini indicano pratiche illegali. Ma è davvero così?
A cura di Marco Paretti
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glossario cybercrimine

Troll, ban e sexting. Sono termini che chi utilizza il web conoscerà bene: fanno ormai parte, insieme ad altri, del cosiddetto gergo di internet e da anni vengono utilizzati da tutti i navigatori. Spesso si tratta di pratiche divertenti, altre volte di comportamenti più fastidiosi; come il trolling, stuzzicare gli altri utenti per farli innervosire, o il flaming, dare vita a discussioni animate utilizzando parole forti. In ogni caso, comunque, il tutto ricade spesso nella sfera delle bighellonate e non in quella dell'ingiuria o della molestia. Una distinzione, questa, che sembra non fare il nuovo Glossario del Cybercrimine pubblicato dal Ministero della Giustizia nelle ultime ore.

Crimini, sì, perché a leggere quanto scritto sul sito – che, secondo il Ministero, "permette di acquisire informazioni essenziali sulle condotte online illecite" – molte di queste pratiche sono illegali. Crimini, reati, delitti; sono parole che si ripetono ad ogni voce contenuta all'interno del glossario e persino nella spiegazione dello strumento, dove si parla di azioni "penalmente perseguibili" e di "comportamenti devianti". Fa sorridere, poi, scorrere il glossario e trovare parole come ban (l'esclusione di un utente dalla propria chat o spazio virtuale), trolling e sexting, la pratica che vede l'invio di fotografie osé tra due persone, qui definita "condotta deviante che può essere perseguibile dalla Procura minorile". Nel documento compare persino il termine Rickrolling; la moda nata qualche anno fa di inviare link fasulli che, invece di rimandare ad un sito o servizio, dirottavano l'utente al video musicale di Never Gonna Give You Up di Rick Astley. Un trend che ha portato alla ribalta la canzone dopo vent'anni dalla sua uscita.

glossario cybercrimine

Secondo il sito del Ministero, però, c'è poco da scherzare: "trattasi di portare con l’inganno una persona a cliccare su un collegamento ipertestuale che porta invece a qualcosa di diverso da quanto sostenuto inizialmente". Insomma, una truffa che può persino diventare criminale "nei casi in cui il sito di destinazione lucra sul traffico che è stato generato". Peggio ancora, il documento indica che una truffa simile può essere punita con "la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 51 a € 1.032". Se prima il glossario ci faceva sorridere, ora lo fa un po' meno. L'iniziativa non solo lascia il tempo che trova ed evidenzia problematiche che, semplicemente, non esistono, ma denota anche una buona dose d'ignoranza di chi se ne è occupato. Il Rickrolling non indica, come invece fatto intendere dal Ministero, l'azione di generare traffico a scopo di lucro con l'inganno, ma solo la pratica di fare uno scherzo dirottando il povero malcapitato verso il video musicale di una canzone del 1987.

Così come il trolling o il flaming non possono – e non devono – essere immediatamente ed automaticamente equiparati ad "ingiuria", "diffamazione" e "interferenze illecite nella vita privata". È come criminalizzare a priori la discussione tra due bambini che devono decidere chi si mangerà il ghiacciolo al limone e chi quello all'arancia. D'altronde l'incapacità di stare al passo con i tempi la si denota già dal nome dello strumento: iGloss@1.0. Agghiacciante a dir poco visti i riferimenti ad una cultura web che già faceva acqua alla fine degli anni '90. Quella della pubblicazione dell'ABC dei Comportamenti Devianti sembra più una mossa volta a supportare il disegno di legge contro il cyberbullismo presentato in Parlamento, ma anche qui i nessi sono tutto fuorché chiari: nel glossario sono presenti termini come Driving Selfie, Hentai e Neknominate, oltre che i già citati Sexting e Rickrolling. Cosa c'entrano queste pratiche con il cyberbullismo? Ma, soprattutto, perché cercare di informare sulla terminologia della rete criminalizzando parole che non hanno nulla a che vedere con pratiche illegali? Un'altra occasione sprecata.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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