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Vine, la micro-rivoluzione di Twitter

Twitter riscrive le regole del linguaggio video, coerente con la sua natura semplice e minimale. Se per un testo 140 caratteri sono sufficienti, per un video lo saranno 6 secondi. E la rete impazzisce.
A cura di Angelo Marra
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Un video lungo al massimo 6 secondi, senza player, che parte in automatico e si ripete a loop continuamente. Più somigliante ad una gif animata piuttosto che ad un filmato. Eppure rappresenta una pietra miliare nel campo dei social network.

Parliamo di Vine, l'applicazione lanciata da Twitter che nella sua disarmante semplicità sembra cambiare le carte in tavola nella competizione tra le varie piattaforme. La pietra scagliata dal piccolo Davide contro i Golia di Menlo Park e Mountain View, il tentativo della piattaforma di microblogging di non soccombere sotto la spietata concorrenza di competitor molto più forti ed organizzati. Twitter non è Google, non risponde al carrozzone di Zuckerberg con una replica delle sue stesse armi ma ne inventa di nuove, di proprie, senza cedere a compromessi e mantenendo intatta la sua connotazione minimal, spartana. Quasi mezzo miliardo di iscritti e 288 milioni di utenti attivi non sono i record di Facebook ma allo stesso tempo rappresentano un'apprezzamento da parte della community vero la politica autarchica adottata dall'uccellino blu.

La guerra dei social network

Nonostante la presenza di innumerevoli piattaforme social, il panorama mondiale è dominato da tre attori principali, che negli ultimi mesi si sono dichiarati guerra tra loro. Il primo vero è proprio colpo basso è stato inferto da Google a Twitter, con la decisione di Mountain View di cancellare i tweet dalle serp del motore di ricerca. All'epoca BigG era in procinto di lanciare la propria piattaforma, Google +, ed era chiaramente intenzionato a non sostenere più in un modo o nell'altro chi rappresentava la concorrenza. Da allora i tiri mancini di Facebook e Google nei confronti di Twitter sono stati continui, culminando nella recente scelta di non far apparire le anteprime delle immagini di Instagram (divenuta nel frattempo proprietà di Menlo Park) nei tweet dell'uccellino.

Dinnanzi a questa costante pressione da parte dei due giganti, Twitter si è trovato davanti la possibilità di soccombere oppure smarcarsi da una sempre più scomoda dipendenza. Rendersi autonomi però non è sufficiente, occorre lanciare una nuova serie di features in grado di attirare un numero maggiore di utenti senza però snaturare quello che era l'impianto semplice ed immediato che ha reso Twitter così famoso ed apprezzato. Sono così arrivati i filtri fotografici, la possibilità di scaricare e conservare i tweet e, dulcis in fundo, Vine.

Vine

L'annuncio del lancio di Vine, avvenuto in sordina con un ironico video-tweet in cui Dick Costolo mostrava in 6 secondi come preparare una tartare di filetto, è stato accolto più con curiosità che con stupore. Un video in allegato in un tweet non rappresenta certo un'innovazione, anzi era una consuetudine prima che YouTube sbattesse la porta in faccia alla piattaforma di microblogging. In quel brevissimo clip però è nascosta una novità molto interessante, seppur presentata non certo nella migliore delle maniere. L'assenza dei pulsanti per gestire il flusso video e la sua ripetizione costante risultano perfino fastidiose e subito sono sorte perplessità relative a contenuti magari violenti o pornografici che sarebbero apparsi in automatico nello stream di milioni di utenti senza una gestione adeguata.

Aldilà di alcuni aspetti di certo perfettibili, Vine però rappresenta una novità molto importante sotto numerosi punti di vista. Innanzitutto consente a Twitter di dotarsi di una propria piattaforma di condivisione video, una scelta audace davanti alla spietata concorrenza di YouTube. A differenza però del portale video di Google, che da anni ormai ha rimosso il limite massimo per la durata dei filmati, Vine traduce anche i linguaggi video secondo le regole di Twitter; se per un testo 140 caratteri sono sufficienti, per un video lo saranno 6 secondi. L'applicazione infatti consente la creazione di un filmato breve dando però la possibilità di interrompere la registrazione per poi riprenderla, non soltanto quindi un flusso continuo. Una sorta di "montaggio" che non si differenzia da quello che mettiamo in opera quando cerchiamo di sintetizzare un concetto per farlo entrare in un tweet.

Microspot e Microporn

Le potenzialità espressive di Vine sono infinite. Quei sei secondi costringono  a riscrivere le regole della comunicazione, sotto ogni profilo. Già è possibile immaginare future schiere di registi che si cimenteranno nell'ardua sfida di riassumere in così breve tempo la propria creatività. Per i marketers si apre un nuovo mondo, una nuova sfida per ipnotizzare l'utente con un tempo ridotto a disposizione; l'immediatezza dell'immagine senza la sua staticità che incontra la profondità del video ma non la sua pesantezza. Una gallina dalle uova d'oro per Twitter, che si potenzia fortemente sotto il profilo dell'advertising allontanandosi definitivamente da quell'etichetta di "peggior business model" di cui ha sofferto per anni. Eppure i primi ad invadere Vine non sono stati né i pubblicitari né tanto meno i filmaker in erba bensì il protagonista assoluto della rete: il porno. Come per Instagram anche Vine è stato preso di mira da giovani cineasti a luci rosse e gli hashtag sexy sono stati così cliccati da finire inavvertitamente tra i contenuti consigliati di Twitter.

Uno scivolone per la piattaforma, presa alla sprovvista dalla velocità con cui i contenuti hard hanno invaso la funzione appena lanciata, che ha creato non poche polemiche. Dopo lo scandalo Apple ha rimosso l'applicazione dalla lista di quelle consigliate su iTunes (nonostante sia tra le prime 5 più scaricate del momento) ed il social network è dovuto correre ai ripari, bloccando tutti gli hashtag potenzialmente pericolosi come #porn, #boobs, #sex e così via. Effettuando una ricerca con questi termini attualmente non dovrebbero apparire contenuti vietati ma è chiaro che si tratti di una soluzione momentanea che può essere aggirata con estrema facilità. Del resto una storia analoga si è già vista in passato con Instagram, con Facebook costretta a portare avanti un a consistente opera di bonifica della piattaforma da immagini sexy o pornografiche (mentre sul social network di Zuckerberg i filtri automatici sono così pignoli da rimuovere perfino i dipinti o i fumetti dove si intravede un seno).

Tralasciando la questione del "microporn" (una nuova frontiera dell'erotismo virtuale amatoriale che potrebbe diventare di moda nel prossimo futuro) rimane necessario per Twitter concepire alcune forme di controllo per i video condivisi su Vine, se non altro per quello che riguarda immagini violente o che in qualche maniera possono turbare la sensibilità degli utenti, senza dimenticare l'importante questione dei minori che utilizzano la piattaforma di microblogging (non dimentichiamoci che i video partono in automatico). Al vaglio ci sono numerose ipotesi come quella di inserire un player per la gestione del filmato, evitando così l'avvio automatico, oppure una sorta di alert che avverte sulla pericolosità del contenuto. Tutte soluzioni che in qualche maniera alterano l'immediatezza del microvideo ma che appaiono necessarie per regolare in qualche maniera i contenuti condivisi.

La Guida

Volete scoprire tutti i segreti di Vine? Ecco la videoguida realizzata dall'insostituibile Dario Caliendo di Mobile Fanpage.

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