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Wikileaks: la liberazione di Assange, le nuove rivelazioni e tutte le news dell’ultima ora

Julian Assange è stato liberato in seguito al pagamento di una cauzione di 300.000 dollari, intanto Wikilekas fa altre rivelazioni sull’Italia e Berlusconi.
A cura di Anna Coluccino
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Alea Iacta Est! Julian Assange, l'hacktivist australiano che sta monopolizzando l'interesse dell'informazione online, è tornato finalmente libero. A poco è servita la ferma opposizione della giustizia svedese, del governo inglese e della diplomazia USA, non esistono gli estremi per rifiutare la richiesta di libertà su cauzione e -pertanto- i detrattori del patron di Wikileaks dovranno farsene una ragione. D'altronde è fin troppo ingiusto che Assange abbia dovuto pagare una cauzione di oltre 300.000 mila dollari per un reato estinguibile con una multa di 750, ma tant'è. Almeno è libero, e di questo sarà certo contento Michael Moore che, proprio ieri, aveva deciso di contribuire con 20.000 dollari al pagamento della cauzione. Ma i guai di Wikileaks e del suo fondatore non sono certi finiti, anzi, potremmo dire che sono appena cominciati.

Un Gran Jury statunitense si sta già mobilitando allo scopo di trovare un capo d'accusa che possa incriminare Assange, e giustificare un mandato di cattura internazionale basato su un'argomentazione più convincente di "non ha usato il preservativo nel corso di un rapporto sessuale consenziente"; accusa che -com'è ovvio- è destinata a cadere molto presto. E mentre il mondo finge sconvolgimento per il rifiuto della Cina di liberare l'acerrimo oppositore del governo di Pechino, il nobel per la pace Liu Xiaobo, si tenta incarcerare pretestuosamente Julian Assange, operando allo stesso ed identico modo dell' "illiberale" governo cinese. Peccato che Assange non abbia ricevuto un premio che ne nobilitasse le intenzioni, la copertina del Time Magazine poteva essere un primo passo, ma la codardia ha avuto la meglio. Il tentativo della giustizia USA è quello di provare ad accusare Assange di "cospirazione". Se, infatti, dovessero riuscire a scoprire che Julian ha avuto un ruolo attivo (e non di semplice ascoltatore ed amplificatore) nella fuga di notizie, ci sarebbero gli estremi per un'incriminazione sul suolo statunitense, il che sarebbe un disastro.

Intanto, nuovi documenti fanno capolino su Wikileaks.ch e vengono amplificati dagli innumerevoli siti mirror a cui si è aggiunto oggi, anche il sito online di Libértation, quotidiano francese vicino alla sinistra, che decide di sostenete ufficialmente la causa di Assange e i suoi sostenendo che: "attaccare illegalmente Wikileaks, come stanno facendo diversi Stati, è una minaccia che tutti i giornali liberi devono denunciare".

Per quel che riguarda i contenuti dei nuovi dossier top secret, ricompare il nome del premier italiano Silvio Berlusconi, che viene dipinto come un uomo "suscettibile alle critiche" che sarebbe meglio non tirare in ballo su certe questioni sensibili come il G8 di Genova del luglio 2001. Dai documenti si apprende che "L’ambasciata Usa a Roma criticò l’amministrazione Bush per la pubblicazione di un rapporto che analizzava gli abusi dei diritti umani commessi dalla polizia italiana al G8 di Genova nel 2001, perché avrebbe danneggiato il governo di Silvio Berlusconi". Insomma, ancora una volta il problema non sembra essere quello che a Genova siano stati commessi crimini che violano -in ogni senso possibile- i diritti umani, ma che qualcuno abbia detto la verità quando era meglio non dirla. E difatti, al momento, mentre il mondo insegue Julian Assange per aver fatto sesso non protetto, nessuno si preoccupa di perseguire i criminali che a Genova hanno pestato, violentato, torturato, privato della dignità un gruppo di manifestanti colpevoli solo di aver voluto essere presenti ed esprimere un dissenso.

Ma non è tutto. Dagli ultimi cables pubblicati si apprende anche del coinvolgimento attivo degli USA nell'invasione etiope della Somalia. Secondo i documenti rilasciati ieri -infatti: “L’Etiopia non aveva nessuna intenzione di invadere, e furono gli Usa ad organizzare il piano che fu sponsorizzato dal governo americano. […] Già intrappolati nelle guerre irachena ed afgana, gli Stati Uniti non avevano possibilità di lanciare un attacco su larga scala contro la Somalia e dovettero sponsorizzare un altro paese come l’Etiopia”. Questo il commento del medium africano Sudan Tribune, che aggiunge: “Le truppe etiopi invasero il territorio somalo il 20 giugno del 2006 per schiacciare un gruppo islamico, l’Unione delle Corti Islamiche. Per l’Etiopia si trattava di portare assistenza militare al debole governo di transizione. L’Etiopia argomentò in seguito che gli estremisti islamici erano una minaccia per la stabilità della regione. […] C’era crescente preoccupazione presso la Casa Bianca ed il Pentagono che gli estremisti somali si alleassero con Al Qaeda e si imbarcassero nel terrorismo internazionale". Ecco perché gli USA supportarono e coordinarono l'invasione militare etiope, dando il "la" ad una guerra che ha fatto 20.000 morti e due milioni di sfollati tra la popolazione somala. La domanda -a questo punto- è sempre la stessa: chi va perseguito? Chi compie il reato o chi lo racconta? Chi ha ucciso 20.000 persone per i propri interesse o chi si preoccupa che il mondo sappia di chi è la responsabilità di quelle morti?

Per finire, un'ultima chicca sui segreti attriti tra la diplomazia statunitense e la politica di Silvio Berlusconi, secondo uno dei cables pubblicati, infatti, l’attuale ambasciatore Usa in Italia, David Thorne avrebbe espresso sincera preoccupazione per la prossima promulgazione del decreto Romani che, stando a quanto si legge nel dispaccio: "mette in pericolo la libertà di espressione e minaccia la democrazia in Italia" ma non è tutto, Thorne aggiunge che il decreto "sembra favorire le televisioni Mediaset di Berlusconi a svantaggio di Sky, uno dei suoi maggiori concorrenti. […] Sembra essere scritto per dare all’esecutivo margini di manovra per bloccare o censurare i contenuti internet". Il documento, inoltre, sottolinea come una simile manovra corra il rischio di diventare "un precedente per nazioni come la Cina, che copierebbero o citerebbero questa giustificazione per il giro di vite sulla libertà di parola".

Insomma, Wikileaks continua a fare il suo lavoro, a dispetto dei tentativi di censura e nonostante la strategia del terrore. Speriamo solo che, poco alla volta, la sommossa popolare diventi talmente globale da costringere i potenti ad affrontare i loro errori, le loro mancanze e le loro responsabilità.

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