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Così i Google Glass aiuteranno i bambini affetti da autismo a riconoscere le emozioni

In una ricerca conclusasi recentemente gli occhialini per la realtà aumentata di Google sono stati utilizzati per aiutare bambini affetti da autismo ad associare le espressioni facciali alle emozioni dei loro interlocutori, utilizzando la fotocamera a bordo e proiettando emoji sul visore incorporato.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Dopo il flop di ormai qualche anno fa, gli occhialini per la realtà aumentata Google Glass non sono spariti definitivamente. La casa di Mountain View ha continuato a svilupparli e promuoverli come dispositivi destinati alle aziende, e prossimamente potrebbero trasformarsi in un dispositivo capace di aiutare i bambini affetti da autismo a interagire al meglio con il mondo che li circonda. A suggerirlo è una sperimentazione condotta dalla Stanford University Medical School i cui risultati sono stati pubblicati recentemente online e ripresi dal New York Times.

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In particolare il sistema utilizzato dai ricercatori fa in modo che gli occhialini rivelino a chi li indossa quale sia lo stato d'animo degli interlocutori che hanno davanti a sé — un'abilità sulla quale chi è affetto da autismo generalmente non può contare. Nel modello impiegato, la telecamera a bordo dei Google Glass inquadra il volto degli interlocutori e invia l'immagine allo smartphone, dove gli algoritmi di riconoscimento sviluppati dagli ingegneri riconoscono le espressioni al posto dell'utente. Agli occhialini viene infine restituito un risultato sotto forma di emoji che viene proiettata sul visore e aiuta gli utenti a imparare ad associare le espressioni facciali alle le emozioni.

Il sistema in effetti non è pensato per rimanere attivo nella vita di tutti i giorni e sostituire gli sforzi degli utenti, ma come ausilio per sessioni terapeutiche durante le quali ai bambini viene insegnata questa abilità. I risultati sono stati incoraggianti: la sperimentazione è durata due anni, ha coinvolto 71 bambini interessati da diverse forme di autismo e ha dato risultati comparabili a quelli ottenuti da bambini che sono invece stati sottoposti a terapie tradizionali in cliniche specializzate.

La speranza per il futuro è che sistemi simili possano servire alle famiglie ad aiutare i propri cari in modo più semplice e meno costoso, anche se prima che lo studio dia risultati concreti occorrerà tempo: quella conclusasi in questo periodo è infatti una fase durata ben due anni, ma ancora preliminare.

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