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Facebook, ancora test segreti sugli utenti: così svanisce la fiducia nel social network

Mettere alla prova la fedeltà degli utenti, rischiando di perderla totalmente. Se Facebook venisse escluso da Google, eliminando l’applicazione presente sullo store e tagliandola fuori da Android, come potrebbe sopravvivere senza supporto? Un test segreto del social network ha letteralmente disconnesso il mondo un’ora alla volta per scoprirlo.
A cura di Marco Paretti
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Mettere alla prova la fedeltà degli utenti, rischiando di perderla totalmente. Nel corso degli ultimi anni Facebook ha goduto di una grande reputazione; non solo grazie ai servizi che mette a disposizione in tutto il mondo, utilizzati da oltre un miliardo di persone, ma anche per l'impressionante presenza nell'esperienza mobile e per la capacità di cementificare connessioni tra parenti e amici. Non stupisce, quindi, che il titolo stia volando in borsa, con un incremento di un terzo del valore nel 2015 e ricavi in aumento del 40% nell'ultimo trimestre. Una reputazione ulteriormente consolidata dagli investimenti nella filantropia, nel progetto per internet gratis Internet.org e per la decisione di Zuckerberg e moglie di devolvere il 99% delle proprie azioni in beneficenza. Eppure basta poco per affossare la reputazione e perdere la fiducia degli utenti.

Tutto è iniziato con un rapporto del The Information: all'improvviso quella tra Facebook e Google sembra essere diventata una sorta di Guerra Fredda. Cosa c'entra Big G con la fedeltà degli utenti nei confronti di Facebook? Per capirlo bisogna fare un passo indietro. Diversi anni fa il social network di Zuckerberg ha cominciato a pensare a come sopravvivere senza Google: se l'azienda di Mountain View escludesse il social da Android, eliminando l'applicazione presente sullo store e tagliandola fuori da elementi come notifiche e aggiornamenti, come potrebbe sopravvivere senza supporto? Ma soprattutto, gli utenti rimarrebbero fedeli a Facebook anche se il loro dispositivo tentasse di tagliare fuori la realtà di Menlo Park?

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Per trovare una risposta, il social network ha letteralmente disconnesso il mondo un'ora alla volta. Facebook ha messo alla prova la fedeltà dei suoi iscritti introducendo errori artificiali che mandavano automaticamente in crash l'applicazione per ore, rendendo impossibile l'accesso al portale da smartphone Android. Lo scopo del test, avvenuto diversi anni fa, era proprio quello di capire a che punto i consumatori avrebbero abbandonato l'applicazione. Durante i test non lo hanno mai fatto, arrivando persino ad installare gli aggiornamenti attraverso link esterni al Play Store o ad utilizzare la versione mobile del sito. "Le persone non hanno mai smesso di tornare indietro" ha commentato una persona vicina al test.

L'esperimento fa parte di una sorta di piano d'emergenza che Facebook sta progettando nel caso in cui Google decidesse di escludere completamente il social dal suo sistema operativo. Solo paranoia? Forse, ma in questo momento Google ha sotto molti aspetti il coltello dalla parte del manico, mentre Facebook non è ancora riuscita a dimostrare di saper sopravvivere senza il supporto di un app store né di poter spingere gli utenti ad utilizzare prevalentemente le sue soluzioni al di fuori del social network. Nonostante gli iscritti siano comunque fedeli alla realtà di Zuckerberg e, anche in caso di gravi problematiche, siano disposti a cercare metodi alternativi per accedere al proprio account. Un elemento però ben distante dal dimostrare di poter decidere autonomamente di tagliare i ponti con Google, anche questa un'eventualità studiata da Zuckerberg.

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Facebook, che non ha ancora commentato la scoperta, era già finito al centro di un polverone mediatico sollevato dagli esperimenti sull'umore messi in atto nel 2014. In breve, il social aveva modificato la visualizzazione dei post per capire se questi hanno un effetto sulle emozioni degli utenti. Lo studio ha dimostrato che le persone che visualizzano nei propri News Feed una serie maggiore di contenuti negativi sono più propense ad utilizzare termini più negativi nei propri aggiornamenti di stato, mentre quando la negatività nel News Feed è ridotta avviene l'esatto contrario e negli aggiornamenti di stato vengono utilizzati termini significativamente più positivi. Una ricerca definita "preoccupante" dallo stesso responsabile del giornale che ne ha pubblicato gli esiti. Il fatto che Facebook raccolga dati demografici sugli utenti è comprensibile, ma cercare di modificare le emozioni è stato visto come un azzardo di troppo.

Disconnettere parti del mondo a comando rappresenta chiaramente un altro passo nella direzione sbagliata. Non è paragonabile, come suggerito da qualcuno, ad un supermercato che rimuove o sposta le merci posizionate sugli scaffali per valutarne il differente appeal sugli acquirenti. Facebook non è un negozio; si presenta al mondo come un'azienda impegnata nel connettere il mondo, dove gli utenti sono spinti a "condividere le proprie emozioni e le proprie idee". Una realtà supportata da un sistema pubblicitario estremamente efficiente e caratterizzato da una penetrazione incontrastata. Ma come ci si può trovare a proprio agio a condividere elementi così personali all'interno di una realtà che tratta i propri utenti come cavie da laboratorio?

Mark Zuckerberg

Certo, Facebook non è l'unica azienda a trasformare la propria comunità in un centro di ricerca. La stessa Google aveva creato 41 versioni della propria homepage caratterizzate da gradazioni differenti del colore blu, con l'obiettivo di individuare quella che portava ad un maggior numero di ricerche. L'utilizzo di elementi variabili da distribuire in maniera casuale tra l'utenza è d'altronde una procedura utile, oltre che efficace. Ma tra l'utilizzo di diverse gradazioni di blu e la disconnessione a comando degli utenti c'è una bella differenza.

Facebook non può pensare di posizionarsi come un'azienda impegnata nel sociale e responsabile di strumenti critici per affrontare tragedie e poi disabilitare segretamente l'accesso al proprio servizio. Perché il problema è che, come dimostrato anche da altre realtà e altri scandali, gli utenti non hanno mai modo di sapere quando finiscono al centro di esperimenti. Per quanto legali possano essere. Per questo è imperativo che un'azienda come Facebook tratti i suoi utenti in buona fede, soprattutto in virtù del fatto che al di fuori del social di Zuckerberg non esistono alternative altrettanto valide in quanto numeri e servizi. Ma soprattutto perché è impensabile che un'azienda possa spingere progetti di filantropia senza trasparenza e fiducia. Che a Facebook continuano a calare.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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