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Facebook ha bloccato centinaia di pagine: Iran e Russia dietro un network di fake news

La presunta ingerenza del governo russo e iraniano nelle pagine di propaganda politica su Facebook e la scarsa trasparenza degli spazi pubblicitari sono il principale problema del Social network. Zuckerberg ha recentemente pubblicato un resoconto dei primi provvedimenti. La posta in gioco è alta: si tratta di preservare la fiducia degli utenti.
A cura di Juanne Pili
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É cominciata l’offensiva in forze di Facebook contro gli hacker stranieri e le organizzazioni volte a diffondere sistematicamente fake news, in particolar modo a ridosso di elezioni o referendum. Recentemente era stata annunciata la messa in campo di nuovi provvedimenti, resisi urgenti in vista delle elezioni americane di medio termine, previste per novembre. Difficile in questo frangente distinguere chi vuole semplicemente lucrare sulla disinformazione – o mediante mere truffe – e chi invece ha dietro di sé veri e propri governi, come quello russo o  quello iraniano, anch’esso nel mirino.

Il “controspionaggio” di Facebook

Intanto Mark Zuckerberg ha pubblicato un resoconto dei progressi già ottenuti dal suo social network, riportando quanto dichiarato in una conferenza stampa. Le reti impegnate nel diffondere campagne di disinformazione – che si ritiene essere coordinate proprio da Iran e Russia – sono state le prime ad essere colpite.

Abbiamo investito molto per migliorare la sicurezza e la privacy e per difenderci da queste campagne non autentiche e coordinate. É stato un duro lavoro e, anche se è ancora presto, stiamo iniziando a vederlo ripagato.

Una serie di attività volte alla disinformazione si sono rivelate essere riconducibili all'Iran, alcune hanno fatto risalire a veri e propri legami coi media, mentre invece altre attività sono state attribuite ai Servizi russi dalle autorità americane. Alcune reti di pagine non vengono rimosse immediatamente: è fondamentale infatti avere tutto il tempo necessario a studiarne l’attività, in modo da poter scavare sui potenziali mandanti. Ma Zuckerberg specifica che Facebook non ha i mezzi di un vero servizio di intelligence, rimanda alle autorità americane il compito di accertare se effettivamente esistono delle ingerenze attribuibili ai governi stranieri.

Stiamo ancora indagando e c'è ancora molto che non sappiamo. Come azienda, non disponiamo di tutti gli strumenti investigativi e di intelligence che i governi hanno, il che rende difficile attribuire sempre un particolare abuso a determinati paesi o gruppi.

Facebook da parte sua ha fatto della caccia agli spazi pubblicitari sospetti nei post contenenti propaganda politica il fiore all'occhiello di questa presunta guerra di spie, ma non può fare molto per acclarare il reale movente dei finanziatori.

Una guerra di spie e di pubblicità

Così sono state rafforzate anche le politiche del social network proprio per arginare il problema della scarsa trasparenza nella gestione degli spazi pubblicitari, “per rendere la pubblicità sul nostro servizio molto più trasparente”. Anche l’intelligenza artificiale ha fatto la sua parte. Il ruolo degli algoritmi è fondamentale, permettendo di agire prontamente e scevri da ogni possibile condizionamento ideologico – almeno questa è l’idea, ben espressa dal termine “proattivo”, che Zuckerberg ripete diverse volte nel suo comunicato – ma sappiamo bene quanto anche le intelligenze artificiali siano permeabili ai pregiudizi, potrebbero essere gli stessi programmatori a trasmetterli, inconsapevolmente. Non di meno, per far fronte a pagine dove ci si trova a dover rivelare i propri dati personali, magari venendo catapultati altrove, gli algoritmi dovrebbero aiutare non poco. Ad oggi sono state rimosse più di 650 pagine, gruppi e account per “comportamento inautentico”, su Facebook e Instagram. Zuckerberg parla proprio di reti di account che inducevano gli utenti a dire chi erano e cosa stavano facendo. É proprio questa prassi in sé che il social network intende mettere al bando una volta per tutte. Si pone quasi una questione etica, perché “le persone devono essere in grado di fidarsi delle interazioni che hanno su Facebook”.

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