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Covid 19

Il caso dell’algoritmo che ha scoperto in anticipo il coronavirus (ma lo ha sottovalutato)

Secodo una ricostruzione fatta da due giornalisti dell’Associated Press, il primo sistema di intelligenza artificiale a rilevare la minaccia di un nuovo coronavirus sarebbe scattato già nella notte del 30 dicembre 2019. La priorità assegnata automaticamente al caso però avrebbe portato i ricercatori ad investigarlo con giorni di ritardo.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Mentre anche in Italia ci si confronta con i primi pazienti contagiati dal nuovo coronavirus, chi sta indagando sulle origini dell'epidemia si sta chiedendo quale potesse essere il modo migliore per fermare la malattia con maggiore tempismo. Settimane fa infatti l'azienda canadese BlueDot aveva affermato di essere riuscita a rilevare l'emergere della minaccia grazie a un sistema di scansione delle notizie basato su intelligenza artificiale prima di quanto abbiano potuto fare gli esperti virologi e immunologi in carne e ossa, ma ora una ricostruzione di quei giorni fatta da due giornalisti dell'Associated Press Christina Larson e Matt O'Brien sembra affermare qualcosa di diverso.

Secondo la ricostruzione dei due giornalisti, il primo apparato ad accorgersi della presenza di una minaccia sconosciuta al di fuori dei confini cinesi non sarebbe stato quello della canadese BlueDot, ma il sistema automatizzato HealthMap presente al Children's Hospital di Boston, anch'esso basato su algoritmi di intelligenza artificiale, e ugualmente in grado di scansionare notizie in più lingue e da varie fonti, comprese quelle mediche. Intorno alle 23 del 30 dicembre — riferiscono i giornalisti — il dispositivo avrebbe inviato una notifica su un caso di polmonite dall'origine non identificata proveniente da Wuhan, assegnando però al caso una priorità media che ha portato i ricercatori a lavorarci con giorni di ritardo.

Anche l'epidemiologa Marjorie Pollack si sarebbe classificata prima di BlueDot, lavorando però soltanto sull'intuito e sui propri contatti. Stando alla ricostruzione di Associated Press la ricercatrice avrebbe infatti iniziato a condurre una indagine dopo aver ricevuto via email una segnalazione che riguardava il diffondersi attraverso i social cinesi di un passaparola su una polmonite di origine sconosciuta. Pollack — a capo di un team di volontari dedito proprio al monitoraggio delle malattie emergenti — avrebbe compreso da subito la potenziale minaccia mettendo al lavoro la sua squadra per rintracciare altre fonti, e producendo un rapporto dettagliato sul potenziale focolaio appena mezz'ora dopo il sistema HealthMap.

Dalla vicenda si evince che — come nella maggior parte degli ambiti nei quali si troveranno a convivere intelligenze umane e sintetiche — nella corsa alla scoperta di malattie emergenti algoritmi e ricercatori non sono in gara. HealthMap ha rilevato la minaccia ma non ha saputo contestualizzarla, mentre lo sforzo umano è stato premiato ma è arrivato con leggero ritardo. L'approccio ideale è quello di una collaborazione tra sistemi automatizzati e ricercatori nel quale gli algoritmi scansionano le notizie, le traducono e selezionano quelle pertinenti, lasciando poi che sia il personale in carne e ossa a valutarne l'importanza e ad avviare indagini più approfondite in merito.

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