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Il post più visto su Facebook è una bufala sui vaccini, ma il social ha provato a nasconderlo

Stando a un rapporto stilato dal social e precedentemente tenuto segreto, il contenuto in assoluto più visto sul social nei primi mesi dell’anno è stato un post che raccontava la morte di un medico statunitense in seguito a una dose di vaccino anti Covid che aveva fatto pochi giorni prima. La notizia è stata poi smentita, ma il contenuto ha continuato a diffondersi in modo virale senza che il social abbia fatto nulla per impedirlo.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Sui social la disinformazione e le fake news circolano con la velocità di un clic e si diffondono presso milioni di potenziali lettori o spettatori, motivo per cui queste piattaforme sono finite da anni sotto accusa da parte di governi e associazioni per i diritti umani. L'ultima dimostrazione di come i social possano nuocere al dibattito e al diritto a una informazione corretta per le popolazioni di tutti i Paesi arriva da Facebook: stando a un rapporto stilato dal social e precedentemente tenuto segreto, il link in assoluto più visto sul social nei primi mesi dell'anno è stato un articolo che raccontava la morte di un medico statunitense in seguito a una dose di vaccino anti Covid che aveva fatto pochi giorni prima. La notizia è stata smentita alcune settimane dopo la pubblicazione originale, ma il contenuto ha continuato a diffondersi in modo virale senza che il social abbia fatto nulla per impedirlo.

Il rapporto censurato

Negli scorsi giorni in effetti Facebook ha diffuso pubblicamente una lista dei contenuti più visti all'interno del suo social, per dare agli utenti e agli osservatori esterni un'idea più precisa di come il servizio venga utilizzato e di quali siano le informazioni che circolano al suo interno. Il rapporto faceva riferimento al periodo che va da aprile a giugno e non conteneva alcun riferimento a contenuti simili: la sua pubblicazione è stata però seguita da un'accusa diretta di The New York Times: Facebook aveva già redatto un documento simile per il pubblico riferito ai mesi da gennaio a marzo; a causa di quel che era emerso dalle analisi, i manager del gruppo avevano però deciso di non pubblicarlo.

Il post della discordia

Il contenuto finito al centro delle critiche è un articolo giornalistico del South Florida Sun Sentinel e poi ripreso dal Chicago Tribune, che parlava di una indagine avviata dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive statunitense per fare luce sulla morte di un medico avvenuta due settimane dopo il trattamento con un vaccino anti Covid. La notizia in questione non aveva alcuna connotazione particolare, ma attraverso il meccanismo di condivisione e viralità sul quale si basa Facebook è bastata a trasformarsi in un veicolo di disinformazione colossale. Il contenuto è stato visto, commentato e ricondiviso decine di milioni di volte da utenti e pagine di movimenti no-vax, prima che l'indagine si concludesse negando ogni correlazione tra il vaccino e la morte.

La giustificazione di Facebook

L'articolo in sé non faceva disinformazione ma raccontava semplicemente un fatto, e perciò Facebook ha deciso di non rimuoverlo né di moderarlo: questa è la posizione assunta dal social in risposta alle critiche che sono emerse dopo l'accusa del The New York Times. È innegabile però che su un tema delicato come una pandemia globale la situazione rischi di finire facilmente fuori controllo: una notizia in divenire si è trasformata in una fake news a diffusione globale, il tutto a causa dell'attività di una comunità che sul tema aveva già una opinione preesistente e di un social network che ha fornito tutti gli strumenti per amplificare a dismisura e immortalare quello che doveva essere un racconto in aggiornamento. Ad aggravare la situazione c'è il fatto che i dirigenti del social abbiano preferito tacere l'intera vicenda, ma sono stati chiamati a risponderne dall'opinione pubblica.

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