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Errore 451, così la rete segnala i siti web censurati

Un nuovo codice d’errore promette di fare maggiore chiarezza sulle cause che portano una pagina a non essere visualizzata, con una particolare attenzione alle richieste di censura governative. Si chiamerà errore 451 ed è pensato per quei contenuti la cui visualizzazione è stata bloccata da una realtà di terze parti.
A cura di Marco Paretti
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errore 451

Spesso, navigando sul web, ci si imbatte in siti irraggiungibili. Un elemento dovuto a problemi tecnici o a vere e proprie censure frutto delle diverse legislazioni che regolamentano i vari paesi del mondo. Attualmente queste pagine vengono segnalate con l'errore 404; una dicitura vaga che indica semplicemente link non raggiungibili. Un nuovo codice d'errore, però, promette di fare maggiore chiarezza sulle cause che portano una pagina a non essere visualizzata, con una particolare attenzione alle richieste di censura governative. Si chiamerà errore 451 ed è pensato per quei contenuti la cui visualizzazione è stata bloccata da una realtà di terze parti.

L'idea arriva da Tim Bray, co-autore dell'XML, che l'ha proposta all'Internet Engineering Steering Group. L'idea è semplice: segnalare quando un contenuto non è raggiungibile a causa di ragioni legali e non di improvvisi problemi tecnici, che resteranno legati all'ormai famoso errore 404. Il numero 451, spiega l'autore, è un riferimento a Fahrenheit 451, il romanzo di Ray Bradbury che ipotizzava un futuro distopico nel quale possedere libri è considerato illegale. L'IESG ha ritenuto valida la proposta e l'ha approvata, permettendo agli sviluppatori di implementare il nuovo codice di errore anche prima di aver completato gli ultimi accorgimenti burocratici.

Quando Bray ha inviato la bozza della proposta più di tre anni fa, molti siti utilizzavano il codice 403 per indicare il blocco di alcuni portali. Come nel caso di The Pirate Bay, il sito di file sharing bloccato dal Tribunale inglese in seguito alla decisione di un giudice. In questo caso, però, la soluzione è piuttosto vaga perché indica semplicemente un sito che risponde alla richiesta ma non permette di visualizzare la pagina web. Se implementata, la soluzione di Bray aiuterà a chiarire la confusione attorno ai siti censurati, ma sarà opzionale e richiederà l'implementazione da parte degli sviluppatori. "È facile immaginare che alcune autorità legali vogliano evitare la trasparenza" ha spiegato. "Impedendo non solo l'accesso a determinate risorse, ma anche la divulgazione dell'esistenza di queste restrizioni".

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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