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Ue, Google indagata per abuso di posizione dominante a causa delle app predefinite

Google è nuovamente al centro delle indagini dell’Unione Europea per abuso di posizione dominante. Questa volta a finire nel mirino dell’Ue è il sistema operativo Android e, in particolare, l’ecosistema di applicazioni predefinite.
A cura di Marco Paretti
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Google è nuovamente al centro delle indagini dell'Unione Europea per abuso di posizione dominante. Questa volta a finire nel mirino dell'Ue è il sistema operativo Android e, in particolare, l'ecosistema di applicazioni predefinite che vengono installate dai produttori di smartphone in fase di costruzione. Secondo il commissario Ue per la concorrenza, Margrethe Vestager, l'azienda di Mountain View offrirebbe accordi scorretti ai produttori dei device per mantenere i propri servizi al loro interno, arrivando così nelle mani di tutti i consumatori. L'indagine, secondo Reuters, potrebbe presto trasformarsi in una vera azione legale.

Il focus dell'Ue non è tanto nella richiesta dell'azienda di inserire pacchetti completi di applicazioni – se si vuole inserire un servizio di Big G, bisogna per forza di cose affiancargliene altri – quanto nei contratti esclusivi che Google stringe con i produttori di smartphone per introdurre questi pacchetti. Soluzioni che, secondo la commissione, impediscono alle aziende di scegliere liberamente quali applicazioni installare all'interno dei terminali in fase di sviluppo.

Google ha immediatamente risposto alle accuse spiegando di non proporre contratti in esclusiva alle altre aziende e che spera di risolvere il contenzioso con discussioni e non con una battaglia legale. La sua posizione, però, non sembra delle migliori. I paesi europei non si sono mai schierati a favore dell'azienda di Mountain View e, anzi, spesso l'hanno accusata di infrangere la legge. Inoltre, in Russia Google ha recentemente perso una battaglia relativa proprio alle applicazioni predefinite; sebbene sia difficile che l'Ue utilizzi una sentenza russa come precedente, la sconfitta dimostra che per Google è possibile perdere un caso del genere. Così a Google potrebbe restare come unica opzione quella di scendere a compromessi e limitare la sua presenza sui nuovi dispositivi.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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