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Apple lavora per rendere più sicuro l’iPhone, Tim Cook: “Sbloccarlo sarebbe un cancro”

A più di una settimana dalla richiesta di un giudice federale rivolta ad Apple affinchè collabori per rendere accessibile l’iPhone appartenuto ad uno dei killer della strage di San Bernardino, la posizione di Apple non cambia ed è allo studio un sistema per rendere ancora più sicuro l’iPhone. E Tim Cook alla ABC paragona l’inserimento della backdoor nell’iPhone a un “cancro”.
A cura di Francesco Russo
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A più di una settimana dalla richiesta di un giudice federale rivolta ad Apple affinchè collabori per rendere accessibile l'iPhone appartenuto ad uno dei killer della strage di San Bernardino, la posizione del colosso di Cupertino rimane sempre la stessa. E cioè quella di non collaborare con l'FBI per inserire una "backdoor" che permetterebbe la violazione del dispositivo e quindi l'accesso ai dati. Una scelta che sta facendo ancora discutere. Ma la posizione della Apple va sempre nella direzione di rendere gli iPhone sempre più difficili da violare, infatti gli ingegneri e i tecnici dell'azienda, secondo quanto riporta il New York Times, stanno lavorando per rendere ancora più sicuri gli iPhone mettendo a punto dei sistemi di protezione, simili a quelli di cui si discute ormai da giorni, che renderebbero ancora più difficile qualsiasi tentativo di intrusione.

La funzionalità che da giorni è al centro dell'attenzione degli investigatori dell'FBI è quella che consente all'iPhone di auto ripararsi, consentendo l'installazione di un nuovo firmware in modo da aggiornare il sistema operativo senza che sia necessario l'inserimento del codice di accesso dell'utente. Secondo le fonti riportate dal NYT, una volta che l'azienda rimuove questa possibilità l'iPhone diventerebbe praticamente impenetrabile. Questo rafforzamento in termini di sicurezza aprirebbe di fatto una sfida con il governo centrale, dando inizio ad un braccio di ferro in tema di sicurezza e di protezione dei dati degli utenti.

La sfida a quel punto finirebbe per coinvolgere l'amministrazione Obama e potrebbe inasprirsi anche nel caso in cui il governo riuscisse a vincere la battaglia legale con Apple per rendere accessibile l'iPhone appartenuto al killer Syed Farook. A quel punto ci sarebbe solo la possibilità di un intervento del Congresso americano, che avrebbe il potere, in termini di legge, di definire meglio i confini in cui le aziende tecnologiche potranno muoversi, al fine di evitare un nuovo caso San Bernardino.

E anche Tim Cook, il CEO di Apple, intervenuto con un messaggio lo stesso giorno in cui il giudice intimava la collaborazione di Apple negando di mettere in pratica ciò che richiedeva l'FBI, è tornato sulla vicenda in un'intervista al canale televisivo americano ABC. Rispondendo alle domande di David Muir, Cook ha descritto la backdoor come un "software equivalente al cancro".

"Noi non nutriamo alcuna simpatia per i terroristi" – ha detto Tim Cook durante l'intervista – "queste persone hanno perso i loro diritti nel momento in cui hanno compiuto azioni terribili. Noi non stiamo proteggendo la loro privacy, stiamo invece proteggendo la privacy di tutti gli altri cittadini. La creazione di un software per accedere ai dati protetti all'interno di un iPhone espone tutti. Lo sviluppo di un software simile ha la capacità di sbloccare tutti gli altri iPhone, è questo il problema".

Tim Cook ribadisce la sua posizione che è quella di proteggere la privacy e la sicurezza dei suoi clienti, una posizione che il CEO del colosso di Cupertino non ha voluto mettere in discussione neanche davanti alle insistenze del governo centrale. L'interesse di Apple a questo punto resta la protezione dei suoi clienti e questo, date le circostanze, rende difficile una soluzione del caso a breve.

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