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Attacco a Parigi: il padre di una vittima fa causa a Google, Twitter e Facebook

Il padre di una 23enne uccisa durante gli attentati terroristici di Parigi dello scorso novembre ha fatto causa a Google, Twitter e Facebook, accusandoli di aver fornito “supporto materiale” agli estremisti per poter pianificare gli attacchi.
A cura di Marco Paretti
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Il padre di una 23enne uccisa durante gli attentati terroristici di Parigi dello scorso novembre ha fatto causa a Google, Twitter e Facebook, accusandoli di aver fornito "supporto materiale" agli estremisti per poter pianificare gli attacchi. Reynaldo Gonzalez ha depositato l'accusa lo scorso martedì in un tribunale della California. La figlia Nohemi fa parte delle 130 vittime uccise nel corso degli attacchi avvenuti a Parigi lo scorso novembre. L'uomo afferma che i colossi del web citati hanno permesso ai membri dello Stato Islamico di diffondere la propaganda estremista, raccogliere fondi e attrarre nuove reclute attraverso i social network.

"La situazione è che sebbene le aziende si siano già impegnate nel limitare l'utilizzo dei social da parte dei terroristi, queste realtà non fanno abbastanza" ha spiegato Keith Altman, il legale di Gonzalez. In risposta, le tre aziende hanno respinto le accuse sottolineando l'impegno nel contrastare la diffusione del messaggio d'odio dell'Isis all'interno dei portali. "Twitter condanna fermamente gli atti di violenza dello Stato Islamico" ha commentato un portavoce di Twitter. "Siamo vicini alle vittime e alle loro famiglie coinvolte da questi atti di terrore".

"Le nostre politiche proibiscono chiaramente di reclutare terroristi e pubblicare contenuti che possano incitare la violenza" ha scritto Google in una nota. "Inoltre, rimuoviamo ogni video in violazione di queste politiche quando riceviamo le segnalazioni degli utenti". Facebook ha inoltre aggiunto che "la causa non ha fondamenti reali" e che la realtà di Menlo Park "è pronta a difendersi". Secondo i documenti depositati da Gonzalez, il gruppo terroristico avrebbe "utilizzato i social media, in particolare Twitter, per inviare il materiale di propaganda in tutto il mondo e per attirare a sé le persone vulnerabili alla radicalizzazione". La causa non si basa quindi sul materiale pubblicato, ma sull'infrastruttura messa indirettamente a "disposizione" dell'Isis dai colossi americani.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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