Bungle Bungle: il caso Ruby-Berlusconi finisce in un motore di ricerca dedicato
Era solo questione di tempo prima che qualcuno pensasse che le informazioni reperibili in rete sul caso Berlusconi-Ruby fossero troppe e male organizzate: intercettazioni, foto, video, parodie, dichiarazioni, smentite, atti giudiziari… Come si fa a tenere il filo? A distinguere i dati di fatto dalle opinioni, le prove dalle illazioni? La rete ha pensato anche a questo. Ed ecco che nasce il motore di ricerca Bungle Bungle, uno strumento che "non ha partito, non ha colore; ma ha uno scopo ben preciso: rendere facilmente accessibile a tutti, informazioni che altri cercano di nascondere, confutare, sminuire". Il motore di ricerca, naturalmente, è stato disegnato per somigliare in tutto e per tutto al suo più celebre predecessore, Google, ed ecco che il pulsante "Mi sento fortunato" viene sostituito da "Mi sento intercettato", ci sono le sezioni web, video, immagini, news e qualche leggerissimo approfondimento su alcuni aspetti della figura politica di Silvio Berlusconi.
Il caso Ruby è una materia tanto ovvia quanto delicata. L'impianto accusatorio è lapalissiano, ma la linea difensiva di Berlusconi ("sono perseguitato") tiene ancora misteriosamente in piedi la maggioranza, il tutto mentre la stampa internazionale sta letteralmente massacrando l'immagine del nostro paese, e ne ha ben donde. A meno di non seguire tutto dall'inizio, di informarsi costantemente e di cercare meticolosamente i riscontri per ogni singola affermazione, si rischia di perdere il filo e di cominciare a credere davvero a chi dice che si tratta di un "teorema giudiziario", che le accuse non si basano su prove evidenti, che Berlusconi credeva davvero che Ruby (marocchina) fosse nipote di Mubarak (egiziano) nonostante la ragazza stessa abbia più e più volte smentito di avergli mai detto una cosa del genere, ed una di queste smentite è arrivata in diretta TV nel corso di una trasmissione costruita ad hoc per farla sembrare una ragazza dolce, sfortunata a cui il premier ha solo voluto "dare una mano". È fin troppo ovvio, quindi, che la linea difensiva sia stata creata ex post, d'urgenza, perché non c'erano altre valide argomentazioni con cui contrastare le accuse.
Se non ci si informa con dovizia, con responsabilità e un pizzico di lucida obiettività si rischia di perdere persino il senso delle parole che, quotidianamente, vengono utilizzate in maniera impropria e pretestuosa.
Ad esempio, dire che i giudici stanno tentando un "golpe", significa accusare i magistrati di voler assorbire, oltre al potere giudiziario che già possiedono, anche il potere esecutivo, insomma: li si accusa di voler governare sovvertendo l'ordinamento democratico. Ora, come chiunque abbia un po' di buonsenso può immaginare, storicamente non è mai accaduto che il potere giudiziario tentasse di liberarsi dell'esecutivo, il contrario invece accade di continuo, è il meccanismo con cui vengono instaurati i regimi, è uno dei progetti dichiarati della P2, è la base di qualunque dittatura (specie quelle di stampo sudamericano): sottomettere il potere giudiziario a quello esecutivo. Non riconoscere l'autorità dei magistrati, rifiutarsi di presentarsi in giudizio, attaccare i giudici, tentare di screditarli, questo è quello che -tecnicamente- si chiama "tentativo di golpe" e si ha quando il potere esecutivo tenta di liberarsi da quello giudiziario per non essere costretto a rispondere dei propri crimini. I magistrati non compiono un illecito per il solo fatto di aver indagato e aver trovato prove di presunta colpevolezza, in questo consiste il loro mestiere, un mestiere fondato sul principio che nessun cittadino può sottrarsi alla legge, neppure se è stato eletto "dal popolo". Di fronte ad un simile impianto accusatorio tutti i cittadini italiani avrebbero dovuto affrontare la giustizia, tutti. E deve farlo anche lui.
Resistere alla magistratura, provare ad aggirarla, quello sì, sarebbe un golpe. Questa è ciò che dice la scienza politica, e non saranno le urla di pidiellini in preda ad una finta e pretestuosa indignazione a cambiare la scienza.
Con buona pace di chiunque cerchi di svilire il caso, per evidenti interessi personali, gli elementi probatori ci sono eccome, e sono così evidenti che, ieri, il Gip Cristina Di Censo ne ha riconosciuto la validità ed ha fissato, per il 6 aprile, un processo immediato al Presidente del Consiglio italiano. La magistratura ha fatto il suo dovere. Il Presidente del Consiglio, ora, faccia il proprio: si dimetta per non imbarazzare la nazione e si presenti nelle sedi competenti a difendersi dalle accuse, se può, se non può non s'inventi inesistenti tentativi di colpo di stato.