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Come funziona la penna speciale che gli astronauti usano per scrivere nello spazio

La penna dello spazio fu inventata da Paul Fisher, futuro fondatore della Fisher Pen Company. Grazie al suo intuito e al supporto della Nasa, venne risolto il problema delle punte a sfera, che tendevano a saltare e asciugarsi. Oggi la linea “Space Pen” comprende circa ottanta modelli. Oggi la compagnia di Fisher ne produce circa un milione all’anno.
A cura di Ivano Lettere
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Il fondatore della Fisher Pen Company, Paul Fisher, celebra il 50º anniversario dell'azienda. Foto: Fisher Pen Company
Il fondatore della Fisher Pen Company, Paul Fisher, celebra il 50º anniversario dell'azienda. Foto: Fisher Pen Company

Più di cinquant'anni di storia alle spalle. Abbastanza per farla diventare un mito contemporaneo. La penna che scrive in assenza di gravità, destinata agli astronauti che vagano nello spazio, è entrata a far parte della cerchia (ristretta) degli oggetti fantasmagorici che abitano la cultura popolare. Tanto che diede il titolo a una puntata di "Seinfield", una serie televisiva americana degli anni '90. Secondo alcune dicerie, la Nasa avrebbe addirittura speso milioni di dollari per creare un dispositivo che permettesse di scrivere nel vuoto cosmico. Numeri stratosferici, se pensiamo che una penna normale può costare anche solo 50 centesimi. Stiamo parlando dunque della solita fake news? Come capita spesso, la verità è più complessa di quanto possa sembrare.

Esiste o non esiste?

La penna, altrimenti nominata "Fisher Space Pen" fece il suo debutto televisivo nel 1968. In quell'occasione, il comandante della missione Apollo 7 Walter Schirra dimostrò l'assenza di gravità soffiando su una penna per controllare il suo movimento mentre galleggiava nella capsula aerospaziale. Quella fu anche la prima trasmissione televisiva dal vivo mandata in onda da un'astronave americana. Oggi le penne sono in mostra non solo nei musei spaziali, ma anche nella collezione permanente del Museum of Modern Art di New York. Nel 2021 la tecnologia è stata riconosciuta dalla Space Foundation come un'innovazione sviluppata per lo spazio che ora migliora la vita sulla Terra

Il comandante Walter Schirra dimostra l'assenza di gravità soffiando sulla penna nella capsula. Foto: NASA
Il comandante Walter Schirra dimostra l'assenza di gravità soffiando sulla penna nella capsula. Foto: NASA

Perché non usare una semplice matita?

La scelta risale agli anni '60 ed è ben motivata. Fin dalle prime missioni nello spazio, la NASA ha sempre voluto evitare le matite perché il piombo poteva facilmente staccarsi e galleggiare: questa eventualità avrebbe generato seri pericoli per gli astronauti e l'elettronica sensibile sul veicolo spaziale.

Quanti milioni hanno pagato i contribuenti?

Nessuno. La vera storia vuole che, dopo varie vicissitudini, Paul Fisher – il futuro fondatore della Fisher Pen Company – risolse il problema delle punte a sfera, che tendevano a fuoriuscire, saltare e asciugarsi. Mise dunque a punto una cartuccia sigillata con azoto pressurizzato nella parte superiore spingendo un piccolo pistone contro l'inchiostro. Quando la Nasa lo contattò, cercando una penna che non richiedesse gravità, Fisher sapeva che, fatte le dovute modifiche, questa cartuccia d'inchiostro pressurizzata avrebbe potuto rappresentare la soluzione. Con l'interesse e il supporto della NASA, finalmente riuscì nel suo intento quando aggiunse la resina all'inchiostro per renderlo "tixotropico "- un particolare tipo di inchiostro che rimane solido prima di essere agitato. Chiamò il risultato l'AG7, per l'anti-gravità, e ne inviò molti alla NASA. Le penne, testate, si rivelarono più che soddisfacenti. Dall'Apollo 7 – correva l'anno 1968 – la "Space Pen" è stata utilizzata per ogni operazione della Nasa con equipaggio al seguito. Una manna dal cielo, o dallo spazio.

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