Quando l'applicazione italiana di tracciamento farà il suo debutto agli inizi di marzo, il sistema sfrutterà il Bluetooth Low Energy dei nostri smartphone per collegarsi con gli altri cellulari e registrare durata e distanza dei contatti intercorsi con le altre persone. Un approccio semplice che non sfrutta il GPS e non registra quindi la posizione degli utenti, ma sfrutta il BLE per scambiarsi chiavi anonime con le app installate sugli smartphone di chi incontreremo per strada durante la Fase 2. Ma come funziona questa tecnologia e perché è stata scelta per questo sistema?
Innanzitutto bisogna chiarire una cosa importante: il Bluetooth Low Energy non è il Bluetooth, ma una tecnologia simile caratterizzata però da specifiche differenti. Lanciato nel 2011, la sua caratteristica principale è il basso impatto sul consumo di batteria, elemento che l'ha resa la tecnologia più utilizzata all'interno degli smartphone quando si tratta di collegare dispositivi smart o accessori come smartband e smartwatch. Ma anche in dispositivi che non hanno la necessità di scambiare molti dati e che grazie al BLE possono operare anche per diversi anni.
Come funziona il Bluetooth Low Energy
Come il normale Bluetooth anche il BLE utilizza la banda 2.4 GHz, ma resta costantemente in modalità riposo fino a quando non viene avviata una connessione. Utilizza anche meno canali, un bit rate minore e una potenza massima pari a 1/10 di quella tradizionale. I tempi di connessione però sono molto ridotti rispetto al normale Bluetooth. Tutti questi elementi rendono il BLE efficace per la maggior parte degli utilizzi negli attuali smartphone, dagli smartwartch all'interazione con oggetti dell'Internet of Things. Ma anche e soprattutto per applicazioni di tracciamento come Immuni, che proprio sullo scambio di piccole stringhe di codice a breve distanza basano la loro operatività. In questo modo non graveranno sull'utilizzo della batteria e non costituiranno un fastidio ulteriore per gli utenti.