Cos’è l’IMEI, l’impronta digitale degli smartphone che ha incastrato Cesare Battisti
In queste ore il quotidiano la Repubblica ha pubblicato una ricostruzione delle settimane di investigazione antecedenti la cattura di Cesare Battisti, un racconto nel quale si parla anche di come il latitante sia stato individuato, menzionando l'IMEI del suo telefono cellulare e una metodologia di raccolta e raffronto di informazioni di contatto telefoniche che le forze dell'ordine interpellate dal quotidiano hanno definito "imbuto".
Alla base di tutto c'è stata la messa sotto osservazione di un numero di utenze telefoniche a discrezione degli investigatori. Di questi numeri sono stati raccolti dati come le chiamate ricevute e la loro provenienza, ovvero una serie di informazioni che hanno permesso ai responsabili delle indagini di ricostruire la rete di contatti di Battisti nel periodo della sua latitanza e in quello immediatamente precedente. Tra i dati reperiti durante la raccolta di informazioni c'era anche il numero IMEI associato alle chiamate effettuate dai numeri sotto osservazione.
Cos'è l'IMEI
L'IMEI — o International Mobile Equipment Identity — è un codice identificativo univoco, permanente e diverso per ogni dispositivo in grado di connettersi alla rete cellulare; si tratta di una sorta di firma del gadget con il quale ci si collega o si telefona, ma è diverso dal numero di serie del telefono. Quest'ultimo è univoco soltanto in relazione ai dispositivi costruiti da uno stesso produttore, mentre l'IMEI risponde a uno standard internazionale: serve alle reti cellulari per identificare il dispositivo rispetto a tutti quelli realizzati nel mondo, e non cambia neanche se le schede SIM all'interno del telefono vengono sostituite di continuo. Conoscere il codice e soprattutto saperlo associare a un individuo può essere prezioso nella ricerca di sospettati (ma può anche essere una pratica pericolosa, se abusata), tanto che durante i controlli di dispositivi elettronici che avvengono presso le dogane statunitensi e non solo è capitato che le autorità trascrivessero per sé l'IMEI dei gadget ispezionati.
Tenere traccia della comparsa sul territorio del codice associato al telefono di Battisti avrebbe aiutato le forze dell'ordine a riempire i buchi degli spostamenti del latitante in questi giorni. A metà dicembre Battisti si sarebbe infatti collegato brevemente a Internet dal proprio cellulare, utilizzando il servizio offerto dall'aeroporto di Sinop. La connessione online dell'IMEI messo sotto osservazione avrebbe allertato Antiterrorismo, Interpol, Digos e Aise, i quali — stando al monitoraggio degli altri presunti contatti di Battisti — immaginavano che il fuggitivo avesse intenzione di riparare in Bolivia e si sono messi in viaggio per la capitale La Paz.
Il codice IMEI e le schede SIM associate — riferisce sempre Repubblica — sono riapparsi prontamente laggiù, dove sono stati messi sotto osservazione dalla polizia Boliviana che fino alla fine dell'anno ha raccolto informazioni utili ad avvicinarsi al fuggitivo. Poco dopo Battisti è riuscito a far sparire le proprie tracce telefoniche, anche se ormai era troppo tardi: il 12 gennaio il latitante è stato catturato a Santa Cruz de La Sierra da una squadra composta da agenti boliviani e italiani.