Non solo armi, droga e servizi di hacking. Nel Deep Web, quella parte di internet "nascosta"dai motori di ricerca, si vende davvero di tutto. Anche i nostri dati. Carte di credito, informazioni personali, account e conti in banca, basta pagare per accedere ad una miniera 2.0, senza dover nemmeno sborsare cifre esagerate. È in questo modo, d'altronde, che il Deep Web continua ad operare: vendendo "prodotti" che altrove non si potrebbero vendere. Come le carte di credito, che in Europa si possono acquistare per circa 25/45 dollari a seconda delle necessità. Con 25$ ci viene fornito il codice della carta, la data di scadenza e il codice di sicurezza: il necessario, quindi, per effettuare un acquisto online con i dati di qualcun altro.
Con 45 dollari possiamo accedere ad un nutrito numero di informazioni sul proprietario della carta, compresi indirizzo di residenza, nomi dei parenti, numero di previdenza sociale e PIN. Prezzi decisamente non elevati, che peraltro negli Stati Uniti crollano ulteriormente e variano tra i 5 e gli 8 dollari per quanto riguarda i dati della carta e intorno ai 30 dollari per quelli sulla vittima. Pagando 110 dollari (USA) o 190 dollari (Europa) è poi possibile entrare in possesso di informazioni come la posizione dell'utente e il saldo della carta. Discorso simile per gli account PayPal, il cui costo dipende però dalla disponibilità degli stessi: per un conto tra i 400 e i 1.000 dollari vengono richiesti circa 20/50 dollari, mentre per un saldo di 5.000/8.000 dollari la cifra sale fino a 200 o 300 dollari.
Forte anche la vendita di servizi di hacking, sia rivolti verso servizi bancari online che nei confronti di aziende di tutto il mondo. Ma anche una vera e propria compravendita di identità: basta scegliere una persona tra quelle "disponibili" per ricevere una grande quantità di informazioni su di essa, permettendo a chiunque di portare avanti frodi nascondendosi dietro l'identità di qualcun altro. Uno degli scenari più pericolosi, perché espone persone ignare di tutto. Ci sono poi i vari servizi di streaming, vittime di un commercio di credenziali a basso costo che abbattono i guadagni: si parla di prezzi che spaziano tra 0,55 centesimi fino a 10 dollari per i servizi più blasonati.