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Deepfake: per la Polizia postale è la nuova frontiera del crimine digitale

Anche la Polizia postale ha riconosciuto i rischi insiti nelle tecniche di contraffazione dei video supportate dall’intelligenza artificiale, grazie alle quali è possibile far dire e fare a chiunque cose mai dette né fatte. La dimostrazione della pericolosità di questi fenomeni in Italia l’abbiamo avuta solo di recente, ma le tecnologie necessarie a produrre questi video stanno già diffondendosi rapidamente.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Il deepfake – la tecnica di contraffazione video tramite la quale è possibile far dire e fare a chiunque cose mai dette né fatte – è ufficialmente un problema anche in Italia. Dopo che il fenomeno è esploso negli Stati Uniti e dopo che in Italia è stato portato messo davanti agli occhi di tutti (forse con poco senso di responsabilità) da parte di Striscia la Notizia, a parlarne in queste ore è Nunzia Ciardi – direttrice del Servizio Polizia postale e delle comunicazioni – in una conferenza dedicata proprio a questo tema. La tecnica, ha ammonito Ciardi, "può essere usata per scopi criminali gravissimi, nel mondo politico ma anche finanziario".

Cos'è il deepfake

Il sistema usa algoritmi di intelligenza artificiale per memorizzare le fattezze di un volto qualunque a partire da video e foto. Con questi dati viene creato un modello facciale che si può poi applicare in video sul volto di un altro individuo come una maschera virtuale. Nei casi divenuti famosi in Italia un imitatore ha "indossato" il volto di Renzi, Salvini, Conte e altri personaggi famosi rendendo ancora più credibili le messinscene, ma il principio è applicabile a chiunque e per qualunque video, a patto che si abbia sufficiente materiale fotografico della vittima designata dal quale far partire il lavoro degli algoritmi.

Dai porno alle truffe online

Per il momento – specifica la Polizia postale – il 96% dei deep fake pertengono al mondo della pornografia online – un fenomeno che Fanpage.it ha già raccontato tempo fa e nel quale volti di attori famosi vengono applicati a performer del settore a luci rosse. Le prime applicazioni nefaste di questa tecnologia del resto sono state tutte di questo stampo e – considerata la sua diffusione relativamente recente – ha senso che la maggioranza dei video che la utilizzano sia ancora di natura a luci rosse. Gli algoritmi che si celano dietro ai video deep fake sono però destinati a farsi non solo più sofisticati, ma soprattutto più accessibili e a portata di mano. Stando a quanto afferma la Polizia postale, nelle mani sbagliate questi software serviranno a inscenare truffe elaborate, come varianti hi tech della truffa del CEO: videoconferenze durante le quali un finto amministratore delegato può richiedere ai propri dipendenti di trasferire grandi somme di denaro da un conto a un altro.

Alzare il livello di guardia

In realtà con il diffondersi di queste tecnologie stanno facendosi sempre più complessi anche gli algoritmi che molte aziende stanno mettendo a punto per riconoscere automaticamente i video contraffatti, e la stessa Polizia postale sta lavorando attivamente per  rendere "sufficientemente sicuro l'ecosistema digitale", ma il livello di guardia da parte dei cittadini nei confronti di queste tipologie di contenuti va innalzato già a partire da adesso, se è vero che a volte per ingannarci non serve neppure un video, ma basta una foto: "Siamo abituati a chattare con persone a cui attribuiamo l'immagine che vediamo in una foto" ha ammonito Ciardi "rischiando di incappare, ad esempio, in una truffa sentimentale. Il deep fake è un'evoluzione che rende ancora più deflagrante questo impatto".

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