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Ecco Pheme, progetto dell’UE per scoprire le bufale del Web

Spesso la grossa mole di informazioni che riceviamo non ci permette di approfondire a fondo le fonti, complice anche l’elevata velocità con sui riceviamo queste informazioni. Allora nasce Pheme, progetto finanziato dall’UE per smascherare le bufale della Rete.
A cura di Francesco Russo
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Il nome, Pheme, prende ispirazione dalla dea greca che era la personificazione della "fama", della "notorietà" e delle "dicerie". Ma è spesso legata all'idea di "rumors", specie nell'accezione latina. Anche Virgilio parla di questa divinità nell'Eneide. E non a caso è stato scelto questo nome, infatti lo scopo che si prefigge è quello di individuare le informazioni vere da quelle false. In un'era, quella che stiamo vivendo, caratterizzata da enormi mole di notizie e informazioni che ci vengono lanciate a velocità sostenuta, si fa davvero difficoltà a individuare le fonti per poter garantire la veridicità di questa o quella informazione.

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Il tutto nasce nel 2011, all'epoca dei moti di Londra, London riots, uno di quegli eventi in cui era davvero difficile distinguere le informazioni veritiere da quelle decisamente false. Nel periodo dei moti di Londra si diffuse la notizia che gli animali dello zoo della città erano scappati per le vie della metropoli, notizia poi rivelatasi falsa. Oppure, per uscire da questo evento, qualche tempo fa si disse che Obama era musulmano, ma senza alcuna veridicità o fonte certa. E in questo i Social Media giocano un ruolo primario, vista la velocità con cui permettono alle notizie di viaggiare e in questo enorme fiume di notizie che si sviluppa ci sono anche informazioni utili.

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Ed ecco allora la nascita di Pheme, progetto curato da Kalina Bontcheva del dipartimento di informatica dell’Università di Sheffield e ispiratosi ad un progetto del professor Rob Procter, dell’Università di Warwick, che esaminò il boom di messaggi su Twitter dopo i riots di Londra, esplosi, va ricordato, a seguito dell’uccisione da parte della polizia di un giovane di colore.

Il progetto, finanziato dall'UE, mira a classificare le voci della rete in quattro tipologie: la speculazione; le polemiche; la cattiva informazione, che individua notizie false sviluppatesi involontariamente; e la disinformazione, ossia le informazioni false diffuse con dolo. Il progetto vede coinvolte cinque università europee e nessuna di queste è italiana. Le Università coinvolte sono quelle di Sheffield, Warvick, King’s College di Londra, Saarland in Germania e Modul di Vienna.

Pheme ha dunque come scopo quello di individuare le informazioni certe da quelle che definiamo bufale, notizie che non hanno alcun fondamento di veridicità. E il progetto valuterà automaticamente anche le fonti come agenzie di stampa, giornalisti, esperti, potenziali testimoni oculari, comuni cittadini. Il sistema andrà alla ricerca delle fonti che supportano o che negano quella informazione, osservando come le conversazioni di sviluppano attraverso i Social Media andando ad individuare gli account Twitter creati appositamente per diffondere false informazioni. I risultati di questo processo saranno poi visibili agli utenti attraverso una bacheca per osservare se un "rumor" sta per diffondersi.

Il progetto per ora avrà una durata triennale  e saranno 18 i mesi che serviranno per realizzare un prototipo di softwaree vedremo che tipo di risultati sarà in grado di dare; a questi seguiranno poi altri 18 mesi di sperimentazione e test che saranno portati avanti da Swiss Broadcasting Corporation, swissinfo.ch, e dall'ospedale psichiatrico del King’s College di Londra.

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