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Facebook perde 250.000 utenti cinesi: temono di finire come Ai Weiwei

Ai Weiwei è ancora nelle mani del governo cinese e, purtroppo, è altamente improbabile che la sua odissea finisca presto. Pechino ha più volte affermato…
A cura di Anna Coluccino
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Ai Weiwei è ancora nelle mani del governo cinese e, purtroppo, è altamente improbabile che la sua odissea finisca presto. Pechino ha più volte affermato che non intende prendere in considerazione alcun tipo di appello, (sia essa diplomatico o popolare) e che gli affari interni della Cina non sono e non saranno mai lasciati ad ingrassare l'arena del dibattito internazionale. Per la serie: facciamo un po' come accidenti ci pare ed è del tutto inutile che vi esprimiate a riguardo. Del resto, il governo di Pechino non si è piegato neppure davanti all'assegnazione del Nobel al dissidente Liu Xiao Bo, figuriamoci se accetterà di ricevere pressioni in merito alla liberazione del Picasso cinese!

In ogni caso, c'è qualcuno che sta pagando pegno a causa dell'eccessiva condiscendenza concessa al governo cinese, e quel qualcuno è Facebook. Dall'arresto di Ai Weiwei ad oggi, infatti, dal social network sono simultaneamente scomparsi oltre 250.000 utenti cinesi, vale a dire il 40% del totale. L'esodo è coinciso con la notizia dell'arresto di Ai Weiwei e l'accordo che Facebook ha stretto con Baidu per la creazione di un nuovo social netowork in territorio cinese.

A tutto questo va aggiunto un dato non da poco: Facebook ha una pessima reputazione in materia di libertà di espressione.

Come riportato dalla testata statunitense ReadWriteWeb, infatti, il social network mostra serie difficoltà nel distinguere tra l'uso di uno pseudonimo a fini criminali, e l'uso di uno pseudonimo a fini di difesa della propria incolumità e della libertà di parola. Ovviamente, la "confusione" mostrata dal sito di Zuckerberg è un puro pretesto. L'intento è quello di compiacere il governo cinese, mostrndo assoluta sottomissione alla sua politica liberticida, per avere -un giorno- il permesso di proliferare anche nel mercato asiatico. Solo a quel punto Facebook sarà, davvero, un fenomeno mondiale.

Mark Zuckerberg non chiede altro. Tutto ciò che vuole è che l'intero web si pieghi allo strapotere di Facebook, e non ne ha mai fatto troppo mistero.

A dimostrazione di quanto dichiarato basti ricordare che lo scorso marzo lo staff di Facebook chiuse la pagina del dissidente cinese Michael Anti accusandolo di aver utilizzato uno pseudonimo. Peccato che fior fiori di utenti utilizzano pseudonimi, e la maggior parte di loro è ancora online. Per non parlare -poi- di tutti gli animali a cui è stato aperto un profilo, compreso il cane di Zuckerberg. Alla fine della fiera, dunque, il messaggio lanciato da Facebook ai suoi utenti sarebbe questo: "meglio un cane che un dissidente", un ottimo punto di vista, non c'è che dire.

Ecco perché ci sembra del tutto condivisibile la scelta operata dagli oltre 250.000 utenti che hanno deciso di liberarsi di Facebook per paura di essere "venduti" al governo cinese. In tutta sincerità, visti i precedenti del social network, non è possibile escludere al mille per mille una tale eventualità.

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