Spiare il profilo del proprio partner su Facebook? È equiparabile ad un'intrusione illegale e, quindi, costituisce reato. Lo stabilisce l'articolo 615-ter del codice penale, sottolineando il fatto che un comportamento simile, finalizzato ad individuare amicizie "scomode" e messaggi privati compromettenti, rappresenta un accesso abusivo ad un sistema informatico. Lo riporta anche lo Studio Cataldi, specificando che la Polizia Postale ha segnalato un deciso aumento nelle denunce di mogli e mariti relative ad intrusioni all'interno dei profili Facebook da parte di partner o di ex partner. Il rischio? La reclusione fino a tre anni.
Il codice penale indica come illegale "introdursi in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero se vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo". Un reato introdotto nel 1993 come normativa volta a tutelare la privacy attraverso il "jus excludendi alios", cioè l'esclusione dell'eccesso di altri nel proprio domicilio informatico. Quest'ultimo è rappresentato da una sorta di non-luogo virtuale nel quale una persona intrattiene relazioni e svolge attività, uno spazio tutelato in quanto "espansione ideale dell'area di rispetto pertinente al soggetto interessato".
La stessa normativa si applica anche nel caso in cui ad essere spiata sia la mail di un'altra persona. Nel caso dello spionaggio del partner, però, il fatto rappresenta un reato indipendentemente dalle cause che possono portare ad un'indagine personale nel profilo del partner. Insomma, anche spiare il coniuge che tradisce è reato, perché il diritto di riservatezza resta valido nonostante i doveri di solidarietà imposti dal matrimonio. Per tutte queste intrusioni il codice pensale prevede sanzioni che possono arrivare anche ai tre anni di reclusione.
