Dopo aver colpito Apple, che nel 2015 ha pagato 318 milioni al Fisco italiano, il Procuratore capo di Milano, Francesco Greco, vuole perseguire anche tutte le altre aziende americane attive sul territorio, compresse Google, Amazon e Facebook. Lo ha annunciato in audizione alla Commissione Industria e Finanze del Senato sul ddl di regolamentazione fiscale delle attività delle multinazionali del digitale, sottolineando che i provvedimenti verso queste realtà sono già aperti. "Ci sono enormi problemi in sede di accertamento ed investigazione" ha spiegato Greco. "La Gdf ha indicato alcuni di questi problemi. Tutte le aziende che abbiamo investigato hanno aderito all'accertamento fiscale e questo è significativo del fatto che qualche problema loro ce l'hanno quando si muove il fisco".
Secondo Greco, l'elusione fiscale delle aziende americane si combatte con "la tracciabilità dei flussi finanziari, delle merci, dei bit", ma allo stesso tempo "varando una normativa seria che incentivi l'uso della moneta elettronica e che ponga fine all'uso del contante in Italia. La tracciabilità delle merci ha due punti di controllo che sono le dogane e i magazzini di stoccaggio che sono verificabili, mentre la tracciabilità dei bit implica la collaborazione dei gestori". Il Procuratore capo di Milano ha poi ricordato che "nel mondo non è stata ancora trovata una soluzione omogenea" per quanto riguarda la tassazione sul web, quindi il problema va affrontato "sotto il profilo dell'antitrust, della fiscalità e della tutela dei dati che vengono raccolti".
Ma quanto guadagnano le realtà operative in Italia che ora il Fisco vorrebbe colpire? Per quanto riguarda il mercato pubblicitario online europeo si parla di un valore di circa 36,4 miliardi di euro, che diventano 1,66 miliardi in Italia. Il problema è che quando si analizzano i ricavi delle grandi aziende – i soli Google e Facebook rappresentano la metà del mercato – la differenza tra stima dei ricavi e quelli dichiarati è abissale. Nel 2015 Google avrebbe dovuto generare 637 milioni, ma ne ha dichiarati 67, mentre le stime per Facebook erano di 233 milioni, ma la dichiarazione è stata di 8 milioni. Perché? La risposta è semplice: i ricavi "volano" verso i paesi con tassazione agevolata, in particolare l'Irlanda.