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Giovani e social media, 1 su 3 condivide bufale

In un momento in cui si parla spesso di social media, di notizie false e di come queste possano coinvolgere gli utenti più giovani, secondo uno studio dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto G. Toniolo il 28,5% dei millennials ammette di aver condiviso un’informazione rivelatasi poi del tutto infondata.
A cura di Francesco Russo
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In un momento in cui si parla spesso di social media, di notizie false e di come queste possano coinvolgere gli utenti più giovani, ecco che lo studio dell'Osservatorio Giovani dell'Istituto G. Toniolo, "Diffusione, uso, insidie dei social network", offre spunti, riflessioni e dati sui cui vale la pena soffermarsi. L'indagine è stata condotta nel mese di gennaio 2017 su un campione di 2.182 persone, rappresentativo dei giovani italiani di età 20-34 anni, si parla quindi di Millennials, quella fascia di età che in Italia è composta da 11 milioni di persone e che trascorre sullo smartphone almeno 2 ore e 40 minuti al giorno. La ricerca evidenzia come quasi un terzo dei giovani utenti italiani, il 28,5 percento, ammette di aver condiviso un'informazione rivelatasi poi del tutto infondata. A questo dato va affiancato quello, più rilevante in termini percentuali, dell'86,6 percento dei giovani i quali affermano che i social non vanno presi troppo sul serio perché "i contenuti che vi si pubblicano possono essere tanto veri quanto inventati".

La ricerca dell'Osservatorio Giovani dell'Istituto G. Toniolo, "Diffusione, uso, insidie dei social network", arriva in un momento in cui al centro delle discussioni sul web e sui social media in partiolare vi è il tema di come distiniguere le notizie false da quelle vere e l'impatto che queste stesse notizie false possano avere sugli utenti, specialmente quelli più giovani. Per dare un quadro completo di questi giovani utenti, va detto che il 90,3% ha un account su Facebook, segue Instagram con 56,6%, Google+ con 53,9%, Twitter 39,9% e LinkedIn 22,4%. Gli utenti di Pinterest arrivano al 20,4% e su Snapchat al 16,1% (che sale al 27,4% nella fascia più giovane del campione, gli under 22). Il 72,7% dei giovani usa lo smartphone per connettersi, dato che non sorprende di certo.

Il 28,5% ha condiviso informazioni poi risultate false, il 75,4% riferisce che, dopo un'esperienza personale o la diffusione di una bufala da parte di un amico, ha aumentato la sensibilità sul tema e l'attenzione ai contenuti "sospetti".  Il 55,6% ha dichiarato di smettere di condividere contenuti da contatti a rischio e il 41,7% ha rimosso dalla propria rete utenti che diffondevano notizie false. Resta comunque un 11,2% che dichiara di condividere "sempre e comunque, tanto è impossibile appurare l'attendibilità di quello che circola in rete".

La considerazione delle notizie cambia anche in relazione al titolo di studio, infatti tra coloro che detengono il solo diploma di scuola media la condivisione di un bufala è al 31,7%, scende al 24% tra colo che possiedono un diploma di laurea. Con un titolo di studio universitario si individuano le notizie false condivise da altri (77,8%, contro il 74,6% di chi ha un titolo intermedio e il 70,4% di chi ha un titolo basso). La reazione alle notizie cambia anche dal punto di vista del livello culturale: il 79,1% dei laureati è pronto a cancellare un contatto facile alle fake news, contro rispettivamente il 76,7% e 71,4% di chi ha un titolo intermedio o basso.

Rispetto al modo di usare i social media, molti dichiarano di usare la propria pagina o il proprio account come "il buco della serratura da cui spiare la vita degli altri" (19,9%); "il diario in cui racconti la tua vita mentre accade" 17,1%; "è una parte di te che altrimenti non emergerebbe" 11,5%; "il tuo curriculum e/o biglietto da visita" 8,4%.

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