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Google: il completamento automatico censura le parole legate al P2P

Google ha avviato la battaglia attiva al p2p e alla condivisione illegale dei file, bloccando nella funzionalità di completamento automatico parole come BitTorrent, Rapidshare e utorrent. Non si rischia, però, di penalizzare ingiustamente utenti e aziende?
A cura di Mario Maaroufi
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Google ha sempre cercato di combattere ogni forma di censura dell'informazione: celebre è stata la sua battaglia in Cina, che si è conclusa con l'abbandono del Paese in seguito all'ennesima chiusura di Pechino. Adesso, però, sembra che sia proprio il celebre motore di ricerca ad applicare una censura ai propri risultati! In un articolo pubblicato in questi giorni abbiamo parlato del cambiamento degli algoritmi di Google allo scopo di migliorare i risultati e offrire SERP più attendibili. In questi nuovi algoritmi, Google ha pensato (bene?) di intensificare la lotta al p2p, cercando di ostacolare il "favoreggiamento" di quest'attività spesso illegale.

In realtà non si tratta di una censura vera e propria perché i risultati riguardanti i principali siti e programmi p2p continueranno ad essere visualizzati. Si tratta piuttosto di una sorta di "ammutinamento" del search, perché nel completamento automatico saranno rimossi tutti i risultati contenti riferimenti piu' o meno espliciti al download illegale di file. Parole come "BitTorrent", "megaupload", "rapidshare" e "utorrent" non verranno più affiancate alle vostre ricerche: certo, potrete sempre continuare a digitare la parola ma, ovviamente, sarete svantaggiati e dovrete perdere tempo prezioso.

Molte lamentele sono arrivate dall'azienda BitTorrent, la quale ha prontamente protestato per l'iniziativa, sostenendo che  molti dei link restituiti dal search della parola siano utili per trovare file legali, come ad esempio il sistema operativo Linux. Il sospetto è che Google stia cercando di far contenta l'industria dell'intrattenimento: ma non sembra anche a voi che si tratti di una mossa poco efficace e fuori luogo?

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