Google Mafia: gli ex-googlers sono ovunque… e si aiutano a vicenda
Negli ultimi mesi si fa un gran parlare delle cosiddette Tech Mafie, ove per mafie non s'intende affatto designare delle associazioni a delinquere o in qualche modo criminose, ma si vuole semplicemente evidenziare -con una terminologia che potrebbe sembrare infelice, ma come vedremo non lo è affatto- il dominio assoluto che alcuni fondatori e collaboratori delle più grandi compagnie del mondo hanno stabilito nel settore digital-tecnologico per mezzo di successive "filiazioni". A questo proposito, ricordiamo la PayPal Mafia, espressione coniata nel 2007 che si riferisce ad alcuni fondatori e collaboratori di PayPal, i quali, una volta arricchitisi, hanno partecipato al lancio di altre importantissime società come Yelp, Youtube, LinkedIn, Facebook e Xoom.
La stessa cosa sembra stia accadendo a Google che, da quanto è stata quotata in borsa nel 2004, ha subito una lenta ma inesorabile emorragia di collaboratori, i quali, una volta intascati benefit di vario genere, hanno ben pensato di cominciare a fare business per proprio conto. Il fenomeno è così acclarato che gli ex-googlers hanno addirittura coniato un termine con cui amano definirsi, ossia: Xoogler (leggasi /dzu:gl(ə)ɹ /).
Gli Xoogler, ormai, sono ovunque, tanto che uno di loro, David Friedberg (attuale CEO di WeatherBill) è arrivato ad affermare che "Il ‘Google network' sta per diventare la rete e l'ecosistema di gran lunga più potente del mondo. Ormai c'è un ex-Googler in quasi ogni compagnia di venture capitalism di grande livello, questo significa che se sei uno Xoogler alle prese con una startup, puoi ottenere istantaneamente un incontro con Greylock, Sequoia, Kleiner Perkins, Andreessen Horowitz, Khosla". E se ve lo dice uno che ha appena ricevuto 42 milioni di finanziamento da Khosla Ventures e Google Ventures, potete crederci.
Secondo l'opinione di Friedberg, tutto il successo degli Xooglers, però, non sarebbe dovuto soltanto ad una fitta rete di amicizie e relazioni (da cui il termine mafia), ma al fatto che Google insegna a pensare in grande e spinge i suoi collaboratori a sognare di realizzare progetti che abbiano aspirazioni globali e non locali; idee che siano in grado di cambiare il mondo e che non si limitino a fare il solletico al pianeta o, peggio, a lasciarlo del tutto indifferente.
Ora, è ovvio che ogni Xoogler covi in sé una certa grandeur, anche perché dopo aver passato tanto tempo a stretto contatto con due giovani talenti come Page e Brin, è più che naturale venire "ispirati" dal loro talento, dalla loro intraprendenza ed arrivare a desiderare di compiere un'impresa del medesimo livello, ma Page e Brin erano solo Larry e Sergey quando hanno cominciato, non erano ex-qualcosa, né tanto meno potevano contare su un nomignolo cool che li qualificava quali membri di un club esclusivo. Il punto è che gli ex Googlers hanno creato una sorta di" tacita massoneria" e, malgrado la bontà degli intenti e l'indiscusso talento, il fatto di aver lavorato per Google non dovrebbe diventare conditio sine qua non per l'imbocco di una strada preferenziale nella corsa all'affermazione e al successo, perché questo limita le possibilità di chi non proviene dalla compagnia di Mountain View e che, pertanto, si trova a competere in un mercato che non si basa su di un'onesta lotta ad armi pari in cui a prevalere sono le idee, ma in un mercato viziato da conoscenze ed amicizie.
Ecco qualcosa su cui riflettere: scegliere di preferire persone conosciute e di cui si ha stima è un conto, ma dare credito a qualcuno solo perché appartiene alla "famiglia degli ex-googlers" non vi sembra un atteggiamento un po' -passatemi il termine- mafioso?