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Google “penalizza” i siti “Mugshots” che pubblicano foto segnaletiche diffuse dalla polizia

Si chiamano Mugshots e sono veri e propri siti web in cui vengono mostrate le foto segnaletiche di malviventi. Accusati di danneggiare irrimediabilmente la reputazione di coloro che sono finiti nelle foto segnaletiche pubblicate online e che non sono stati condannati.
A cura di Bruno Mucciarelli
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Un cambio reale, da parte di Google, dell'algoritmo che permette l'ordine dei risultati delle ricerche per quanto concerne i cosiddetti siti "Mugshots". Tali pagine web infatti sono accusati di danneggiare irrimediabilmente la reputazione di tutti coloro che ne finiscono dentro. I Mugshots, che in italiano significa “foto segnaletiche", non fanno altro che pubblicare immagini di detenuti o solamente persone segnalate dalla polizia. Un fenomeno in aumento e che purtroppo risulta legale almeno al momento ma che potrebbe creare molte problematiche.

Per questo Google ha deciso di restringere la visibilità di tali siti, anche se avrà certamente conseguenze sul traffico online, ma almeno permetterà di non avere problematiche suddette. I siti finiscono spesso nelle prime posizioni delle ricerche di Google: come ha raccontato in un articolo del New York Times, e può capitare che scrivendo il nome di una persona che ha subìto un arresto, i primi risultati siano proprio i siti contenenti la sua foto segnaletica. Il problema fondamentale di questa situazione è però l’obiettivo di questi siti: fare soldi. In pratica la rimozione della fotografia del presunto malvivente o "segnalato" avviene solo dopo il pagamento di una cifra che va dai 30 ai 400 dollari. Una vera e propria estorsione.

La presenza di una foto segnaletica non delinea chiaramente la colpevolezza accertata di quella persona, ma crea inevitabilmente una serie di problemi legati alla reputazione, alla vita familiare e lavorativa della stessa. I siti Mughsots sono online ormai da diversi anni, ma sembra che abbiano cominciato a trasformarsi in un business da qualche anno solamente, quando Craig Robert Wiggens, ex detenuto, fondò il sito florida.arrests.org. La stima sul numero di tali siti sembra attestarsi a circa 80 con una difficoltà importante per quanto riguarda trovare i responsabili.

Realizzare leggi apposite chiaramente produrrebbe ad un calo sensibile del fenomeno, ma effettivamente, le resistenze proprio su tale esigenza sembrano essere molteplici. In prima linea da parte di alcuni giornalisti che sostengono come le foto segnaletiche debbano rimanere pubbliche e dunque non debbano essere eliminate dai siti. Il Reporters Committee for Freedom of the Press, organizzazione statunitense no profit che tra le altre cose fornisce assistenza legale ai giornalisti, è tra i più fermi sostenitori dei siti Mugshots. Mark Caramanica, membro del Comitato dal 2010, ha detto: «

Nessuno dovrebbe andare in un tribunale per scoprire che l’allenatore di baseball della squadra del figlio è stato arrestato, o che la persona che si sta frequentando è stata arrestata. Il nostro obiettivo è mettere online queste informazioni, senza dover arrivare a questo punto.

Reporters Committee for Freedom of the Press, organizzazione statunitense no profit, tra i più fermi sostenitori dei siti Mugshots

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