Google potrebbe essere costretta a risarcire più di 5 milioni di utenti inglesi se una class action inglese avrà successo. Il gruppo chiamato "Google You Owe Us" vuole portare Big G in tribunale sostenendo che il colosso americano avrebbe raccolto illegalmente informazioni personali degli utenti scavalcando le impostazioni sulla privacy del browser Safari degli iPhone. Google, insieme ad altri colossi come Facebook, è stata pizzicata ad utilizzare uno stratagemma per bypassare le restrizioni sui cookies, che venivano raccolti anche quando le impostazioni in teoria non lo avrebbero consentito.
Al tempo Google aveva spiegato che la pratica riguardava solo l'iniziativa poi fallita Google+, ma la recente causa sostiene che l'azienda di Mountain View avrebbe utilizzato lo stratagemma per tracciare la cronologia degli utenti, che poi avrebbe utilizzato per vendere pubblicità targhettizzate. "Penso che quello che ha fatto Google sia semplicemente contro la legge" ha spiegato Richard Lloyd, che insieme allo studio legale Mischon de Reya sta portando Google in tribunale. "Le loro azioni hanno colpito milioni di persone, noi chiederemo al tribunale di porre rimedio a questo importante tradimento della fiducia dei consumatori. Attraverso questa azione manderemo un forte messaggio a Google e agli altri colossi del tech: non abbiamo paura di rispondere se le leggi vengono infrante".
Il caso è effettivamente unico nel Regno Unito. Sebbene ci siano state diverse class action negli Stati Uniti contro le grandi aziende tecnologiche, la pratica non è mai stata così diffusa nel Regno Unito. Google è stata costretta a pagare una multa di 22,5 milioni di dollari per lo stesso motivo nel 2012, quando era stata scoperta la procedura illegale: al tempo era la più grande multa mai comminata dalla Federal Trade Commission. L'alta corte britannica valuterà il caso nel corso del prossimo anno e, se la class action avrà successo, gli utenti inglesi di iPhone tra il 2011 e il 2012 potranno richiedere parte dei danni. "Non è una situazione nuova" ha risposto Google. "Abbiamo difeso simili casi in passato. Non crediamo che le richieste siano valide e le contesteremo".