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Google vuole “censurarsi” per sbarcare in Cina e i dipendenti protestano: “Non sapevamo nulla”

Non era mai successo prima a Mountain View che i dipendenti di Google prendessero una posizione così forte contro la propria dirigenza. Nella questione c’entra la Cina, vero sogno mai tanto nascosto dai vertici di Google. Infatti l’azienda Google stava lavorando, in segreto, ad un progetto denominato “Dragonfly”, un motore di ricerca per la Cina, progettato per superare la censura di Pechino.
A cura di Francesco Russo
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Non era mai successo prima a Mountain View che i dipendenti di Google prendessero una posizione così forte contro la propria dirigenza. Nella questione c'entra la Cina, vero sogno mai tanto nascosto dai vertici di Google, non avendo la possibilità, viste le leggi in vigore che ne impediscono la presenza. Per ovviare alle rigorose norme censorie di Pechino, Google stava lavorando, in segreto, ad un progetto denominato "Dragonfly": si sarebbe trattato di un motore di ricerca pronto per sbarcare in Cina, ma "autocensurato". Un progetto segreto che è stato poi rivelato da uno dei promotori che ha richiesto di restare anonimo. La notizia dell'esistenza del progetto si diffonde negli uffici di Mountain View e subito parte la protesta dei dipendenti, fino a quel momento del tutto ignari del progetto. La protesta si formalizza con una lettera indirizzata ai dirigenti di Google firmata da 1.400 dipendenti. "Abbiamo urgente bisogno di maggiore trasparenza, di un impegno a favore di processi chiari e aperti: i dipendenti di Google hanno bisogno di sapere cosa stiamo costruendo" si legge nella lettera. Sundar Pichai e Sergey Brin li incontrano per tranquillizzarli.

Google non può esercitare in Cina, le leggi di Pechino lo impediscono, valgono anche per tutti gli altri grossi player del digitale. Allora da Mountain View avevano pensato di aggirare le norme censorie mettendo a punto un motore di ricerca senza quei contenuti che Pechino reputa inadatti per il pubblico cinese. Il progetto, tenuto segreto fino a qualche giorno fa prima che diventasse di dominio pubblico, si sarebbe dovuto chiamare "Dragonfly" probabilmente in onore del "paese del Dragone", come viene definita la Cina.

google dragonfly cina

La lettera dei dipendenti di Google

La protesta dei dipendenti di Google non si è fatta attendere e negli ultimi giorni hanno deciso di inviare una lettera molto dura indirizzata ai propri dirigenti. Nella lettera si richiamano i dirigenti a rivedere i criteri etici e di trasparenza nelle politiche aziendali. I firmatari lamentano la mancanza di informazioni fornite agli impiegati affinchè questi possano "fare le loro scelte etiche nell'ambito del loro lavoro" e che la notizia del progetto "Dragonfly" sia giunta loro attraverso i media. La lettera ricalca quella scritta contro il progetto Maven, un contratto militare con gli Stati Uniti che Google ha poi deciso, nel giugno scorso, di non rinnovare.

"È un colpo di stato per il governo cinese e il Partito comunista costringere Google – il più grande motore di ricerca del mondo – a rispettare i loro onerosi requisiti di censura, e stabilisce un precedente preoccupante per le altre aziende che cercano di fare affari in Cina senza compromettere i loro valori fondamentali" si legge ancora nella lettera.

L'incontro con la dirigenza

Una presa di posizione quella dei dipendenti di Google che ha costretto il management a spiegare meglio cosa stesse succedendo. E ad incontrare i dipendenti sono stati Sundar Pichai, CEO di Google, e Sergey Brin, co-fondatore dell'azienda. Durante l'incontro Pichai ha descritto il progetto come "esplorativo" e nelle "fasi iniziali". "Non siamo vicini al lancio di un prodotto di ricerca per la Cina" ha detto ai dipendenti. "E se lo avremmo fatto o lo avremmo potuto non è molto chiaro". Pichai ha poi aggiunto che "è capitato già altre volte che si lavori in fase esplorativa, dove i team stanno discutendo e facendo le cose, a volte essere completamente trasparente in questa fase può causare problemi. Siamo un'azienda, credo, più impegnata nella trasparenza di qualsiasi altra al mondo. E poi: "La Cina è un quinto della popolazione mondiale. Penso che, se dovessimo svolgere bene la nostra missione, dovremmo riflettere seriamente su come fare di più in Cina. Credo davvero che abbiamo un impatto positivo quando ci impegniamo in tutto il mondo e non vedo alcun motivo per cui sarebbe diverso in Cina".

Sergey Brin ha voluto rimarcare il fatto che i "googlers", i dipendenti dei Mountain View, devono "sentirsi ampiamente orgogliosi del loro lavoro, non pensare che questo comporometta i loro principi". E poi aggiunge che i manager del search erano tutti a conoscenza del progetto. Ma poi ha subito cambiato discorso quando si è accorto che le sue affermazioni e quelle di Pichai stavano per essere condivise su Twitter da alcuni reporter del New York Times e di BuzzFeed News.

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