H3G, la fusione con Telecom e Wind non si farà
"In Italia Hutchison Whampoa (holding di H3G) sarà un compratore più che venditore. Il confronto con Telecom Italia adesso si è fermato ma chi può dire cosa succederà in autunno?" (Vincenzo Novari, Amministratore Delegato di H3G)
Queste le parole dell'Amministratore Delegato di H3G la scorsa settimana, dopo aver ribadito la possibilità per il mercato della telefonia italiano di consolidarsi, aumentando la concentrazione, ma non adesso. Fusione quindi solo rimandata, ma non annullata? Intanto, pare che il mancato accordo sia da imputare alla Hutchison Whampoa che avrebbe mostrato eccessive pretese attorno alla controllata di Telecom, mettendo a repentaglio l'affare alla base del rifornimento di liquidità necessario per l'impresa.
Il board cinese ha dichiarato di non vedere delle garanzie preliminari sufficienti a far partire la fusione. La soluzione pare non fosse gradita neanche alla Telco, che controlla il 22,4% di Telecom, e a Mediobanca (11,62% di Telco).
3 Italia è stata valutata 2 miliardi di euro, ma secondo l'ex monopolista la cifra era troppo alta per avviare un negoziato. Telecom ha ritenuto il valore "gonfiato", rinviando l'affare. Malcontento per i piccoli azionisti Telecom, quindi, e necessità di un partner industriale forte ribadita.
Si allungano i tempi, ma la posizione rimarrebbe ancora aperta. Altra opzione potrebbe prevedere il più produttivo asse tra H3G e Wind, come possibile alternativa di integrazione commerciale. Di fronte a questa alternativa Telecom adotta la strategia di un "atteggiamento oscillante" tra ipotesi di joint venture ad altre di fusione o scorporo tra il settore infrastrutturale e quello dei servizi. Questo però non basta a dare stabilità al titolo, che alterna cali e riprese in borsa, ed un sostegno in merito arriva dalla BCE, che mantiene bassi i tassi d'interesse ed ha visto l'impresa aggiudicarsi forniture per una cifra che dovrebbe aggirarsi attorno ai 14 milioni di euro. Pura congiuntura, pertanto temporanea.
Ancora, alternativa valida per uscire dall'empasse potrebbe essere "un aumento cospicuo di capitale difficilmente sostenibile ma indispensabile, senza l’adozione di operazioni straordinarie, da parte degli attuali azionisti".
Vicenda complessa, dall'andamento altalenante, che seguiremo nei prossimi sviluppi.