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Il mercato dei processori abbandonerà la legge di Moore

La prossima generazione di processori per personal computer potrebbe non seguire la ormai storica legge di Moore ipotizzata dal fondatore di Intel oltre 50 anni fa.
A cura di Daniele Cretella
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La legge di Moore non è più valida. E' questo, in sostanza, il contenuto di una recente dichiarazione rilasciata dal Chief Product Architect di AMD John Gustafson in merito all' evoluzione del mercato dei processori dedicati ai personal computer. L' ipotesi illustrata dal dirigente dell' azienda Californiana sembrerebbe essere indirettamente confermata dai problemi riscontrati nel passaggio dalla produzione di chip a 28 a quella di soli 20 nanometri, lasciando intendere tempi di sviluppo superiori ai canonici 24 mesi sanciti dall' ultima modifica della c.d. legge del fondatore di Intel.

Come certamente già noto ai più esperti nel settore informatico, per legge di Moore si intendono gli enunciati elaborati dal fondatore di Intel Gordon Moore (da cui, appunto, prende il nome la legge) secondo cui la potenza dei processori ed il relativo numero di transistor sarebbero raddoppiati con una cadenza regolare pari a 24 mesi. In realtà, la c.d. legge, nonostante sia da sempre uno dei punti riferimento per il mercato dei processori, è risultata incerta fin dalle sua prima emanazione nel 1965, quando Moore aveva ipotizzato tempi decisamente inferiori per il rinnovamente delle prestazioni dei chip (all' inizio parlava di soli 12 mesi). Fu poi solo nel 1975 che il fondatore di Intel vide nei 24 mesi il periodo necessario per il raggiungimento di tale risultato.

Insomma, se fino la legge di Moore sembra aver retto per oltre 50 anni, a partire dalla prossima generazione di processori potrebbe essere definitivamente smentita. 

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