Il web 2.0 non ama le donne: i quadri dirigenziali sono allergici alle gonne
Dai giovani ci si aspetta sempre maggiore apertura mentale, una naturale opposizione allo stereotipo, a ciò che è antiquato, anacronistico. Se un uomo come Rupert Murdoch si dimostra ossessivamente e ridicolmente maschilista, ostile alla partecipazione della donna alla vita "d'azienda", non ci si stupisce più di tanto; parliamo di un vecchio editore ormai ottantenne che fatica a stare al passo con i tempi e a comprenderne i mutamenti. Il triste epilogo del suo MySpace, in fondo, ne è la dimostrazione, così come lo fu -a suo tempo- la proposta di prevedere formule di micropagamento per le news su Internet.
I nuovi guru dei media, però, nonostante siano decisamente più consapevoli del mondo in cui vivono, non sembrano mostrare una particolare apertura mentale nei confronti del tema in oggetto. Facebook, Twitter, Zynga, Groupon e Foursquare non hanno, al loro interno, nessun dirigente donna. Nonostante, in molti casi, la loro utenza femminile sia superiore a quella maschile. Qualunque azienda che si rispetti, si preoccupa di inserire all'interno del proprio staff persone in grado di comprendere i desideri del target di riferimento, e se questo target è almeno al 50% femminile, perché non c'è anche qualche donna nei ruoli che contano? Il principio non è, come si vuol far credere, che alle donne "servano" delle quote o dei "posti garantiti" per poter accedere a determinati tipi di lavoro perché -in teoria- sarebbero incapaci di competere ad armi pari con il maschio. Il posto di lavoro non equivale ad una corsa ad ostacoli, in questo caso la maggior potenza fisica maschile non giustifica l'esistenza di una sorta di "campionato femminile del lavoro" dove le donne competono solo all'interno del proprio sesso, in aree ben specifiche, per la conquista di un posto. Grazie all'ostruzionismo dell'universo maschile, anche il settore delle nuove tecnologie va assumendo sempre più l'aspetto di un bar per soli uomini, così come il mondo politico e quello economico. In un panorama del genere, costellato da idee insipide e retrograde, che altra soluzione resta alle donne se non quella di invocare le (maledettissime) quote rosa? Il problema non è, infatti, riservare un tot di posti di lavoro alle donne perché esse non sono in grado di conquistarli con le proprie forze, il problema è la discriminazione, i preconcetti, la convinzione che le donne (tutte) non sappiano programmare nemmeno la TV. Cosa mai potrebbero capirne di Internet? Il punto è che se l'uguaglianza di trattamento non s'impone naturalmente, grazie alla maturazione intellettuale delle persone, occorre imporla per legge, di modo che tutte le donne capaci, che vorrebbero poter lavorare ad alti livelli nel mondo del web 2.0, possano trovare una strada.
Quando Apple rilasciò l'iPad, ad esempio, ricordo che mi chiesi immediatamente: ma ci sarà stata almeno una donna nel team di Cupertino? La mia domanda nasceva da una considerazione molto semplice, nessuna donna avrebbe mai acconsentito a chiamare un device con il termine che viene usato (nel linguaggio slang) per nominare un particolare oggetto, molto caro all'universo femminile: l'assorbente. Ora, questa non è che un'inezia, naturalmente, ma come si fa a non considerare neppure l'eventualità che uno sguardo femminile sul mondo del web 2.0 possa essere utile a migliorarlo?
In apertura, vi ho proposto l'intervento di Sheryl Sandberg, COO di Facebook, uno dei manager più attivi ed apprezzati del mondo tech che però, inspiegabilmente, non ha ancora avuto accesso al circolo dei "fantastici 5", ovvero dei cinque uomini a capo di Facebook. Nel suo intervento, la Sandberg amplia il discorso all'interno universo e non solo al settore del web 2.0, segnalando come (in tutto il mondo) le donne che rivestono un importante ruolo politico siano solo il 13% del totale. E a giudicare dal livello dei commenti che il video ha raccolto su Youtube, la cosa non sorprende affatto. La Sandberg è la dimostrazione che la classica replica degli uomini ad argomenti di questo tipo (vale a dire: le donne che si occupano di tecnologia, di politica, di economia sono meno degli uomini e quindi è normale che siano in numero inferiore) non regge. Perché la Sandberg, così come molte altre, si occupa di tecnologia e lo fa egregiamente. Come mai non è ancora un dirigente, allora?
L'amara verità è che sono davvero pochi gli uomini convinti, nel profondo, della sostanziale uguaglianza tra uomo e donna, e questo si traduce non solo in un modo di approcciare l'universo femminile sempre un po' guascone, cascamorto, poco serio, ma determina anche la salita al potere di donne che non hanno particolare qualità intellettuali, ma che hanno saputo soddisfare il potente di turno. Tutto ciò è devastante, per le donne, soprattutto. E contribuisce ad alimentare il vecchio adagio secondo cui se le donne che non restano a casa a fare la calza, sono -in fondo in fondo- donne di malaffare.