Colpo di scena nel match tra Stati Uniti e Kaspersky. La vicenda è relativa all'attacco hacker che ha colpito l'NSA e che vedrebbe coinvolta la nota società russa il cui antivirus sarebbe stato utilizzato dai servizi segreti russi per rubare documenti e software. In seguito all'obbligo, diramato dal presidente Donald Trump, di disinstallare l'antivirus Kaspersky da tutti i computer governativi, arriva la risposta dell'azienda che – dopo essersi difesa dalle accuse di fare comunella con il Cremlino – ha pubblicato un report contenente le conclusioni di un'indagine mirata a capire cosa sia successo nell'autunno del 2014.
La risposta di Kaspersky è chiara e concisa: secondo l'azienda, il contractor dell'NSA immischiato in questa vicenda è un incompetente. Stando a quanto hanno rilevato ricercatori, si legge nel report, il materiale sarebbe stato rubato da pirati informatici "ignoti" che utilizzavano un server cinese e che sono riusciti ad accedere ai dati di proprietà governativa statunitense perché l'agente segreto avrebbe installato sul proprio computer una versione pirata di Office che conteneva un trojan: per farlo, sottolinea Kaspersky, l'agente dell'NSA avrebbe disattivato l'antivirus che bloccava l'esecuzione del crack scaricato assieme al programma pirata.
Di certezze su come siano andate davvero le cose e sulle responsabilità degli interessati ce ne sono davvero poche e dare per certa una delle due versioni è estremamente difficile. Ma una cosa è chiara: questa vicenda ha acceso i riflettori su una serie di problemi legati allo spionaggio e alla sicurezza informatica che dovrebbe far riflettere non solo gli organi governativi ma anche i semplici utenti che, ammettiamolo, giornalmente mettono a rischio i propri dati personali installando applicazioni pirata con crack dalla dubbia provenienza, pronti a sfruttare tutte le falle di sicurezza e a rubare informazioni personali più o meno importanti.