L’ictus il piccolo Mario lo affronta tramite la rete. Francesca Fedeli spiega come [INTERVISTA]
Un ictus perinatale e la gioia di due genitori a dieci giorni dalla nascita del loro piccolo si trasforma in angoscia: questo ciò che hanno provato Francesca Fedeli e Roberto D'Angelo quando hanno dovuto fare i conti con la paura, la paura che il loro piccolo Mario – così si chiama il protagonista di questa storia – non avrebbe potuto vivere una vita normale. La parte sinistra del suo corpo è fuori dal suo controllo. Limitante? Certo. Insuperabile? No. Non per due "genitori coraggio" che anzichè rinchiudersi nel dolore hanno aperto le porte della loro vita alla rete ed hanno creato una pagina facebook dedicata alla causa "Fight the Stroke" – combatti l'ictus – per una diagnosi precoce ed una migliore riabilitazione di chi è colpito da questa patologia in tenera età.
Un Ted Talk li ha aiutati a rompere il ghiaccio e parlare al pubblico, soprattutto attraverso il sorriso di Mario. Oggi Francesca parla a Tech Fanpage per conoscere meglio l'esperienza che stanno vivendo attraverso il coinvolgimento della rete e aiutarci a capire perchè gli utenti in rete possono giocare un ruolo nella partita contro la malattia: per Mario, ma non solo per lui.
Familydan.org e #fightthestroke sono un hub di condivisione di esperienze per diffondere la vostra storia ed il vostro progetto. Quale reazione avete riscontrato nel popolo della rete che si confronta con la vostra esperienza? Sostegno, sensibilizzazione, imbarazzo, che altro?
"Supporto, sostegno, voglia di confrontarsi una volta che la porta era stata aperta grazie al nostro intervento al TED Global di Edimburgo. Stiamo raccogliendo molte storie simili alla nostra, idee, terapie o richieste di approfondimento sui neuroni specchio e sul percorso che stiamo facendo. Ci siamo resi conto che il condividere, il mettere a fattor comune, il sentirsi liberi di parlare con qualcuno che ha avuto esperienze simili è già di per sé uno strumento potentissimo, che non va mai né banalizzato né tantomeno dato per scontato".
Cosa ha rappresentato per voi il TED Talk? Cosa vi ha lasciato personalmente e che reazione avete suscitato nella platea di ascoltatori?
"Innanzitutto un colpo di fortuna: da una mail ricevuta insieme ad altre 1000 persone, abbiamo proposto la nostra storia e siamo stati scelti per raccontarla. Il primo pensiero è stato che ne valesse la pena, anche solo per mostrare a Mario quel teatro e quelle persone, e ci siamo riusciti: il sorriso di Mario sul palco è stato per noi il momento più memorabile del nostro talk e ci ha fatto capire che avevamo fatto la cosa giusta".
Continua Francesca,
"La preparazione dell’intervento ha rappresentato un percorso terapeutico, come coppia e come famiglia: ci abbiamo messo 6 settimane a preparare quei 6 minuti di presentazione…onestamente è stata dura. È stata dura perché abbiamo dovuto scavare dentro di noi fino a rivivere quel senso di fallimento, quello scoraggiamento che avevamo provato all’inizio e che per tanto tempo abbiamo cercato di rimuovere. Sicuramente ne è valsa la pena e, anzi, ha rappresentato una tappa importante nel nostro cammino come famiglia.
"Le reazioni sono state di grande sostegno, di incoraggiamento, di comprensione. Sinceramente non pensavamo che la nostra storia potesse commuovere o trasmettere emozioni anche a chi non ha avuto i nostri stessi problemi. Ed invece abbiamo capito che chiunque abbia figli sa esattamente cosa abbiamo provato, e chi non li ha apprezza comunque la forza con cui abbiamo reagito".
La vostra “campagna social” desta solo commenti positivi o avete incontrato anche disapprovazione? Cosa rispondete in questi casi?
"Finora abbiamo avuto solo riscontri positivi dalla condivisione della nostra storia. Sinceramente non ci siamo posti molte domande e/o avevamo un piano ben preciso in mente: abbiamo semplicemente seguito il flusso di ciò che stava accadendo e ci siamo fatti guidare da un obiettivo molto semplice, ovvero offrire a Mario l’opportunità di guardare in faccia quanto più ‘mondo’ possibile e lo stiamo facendo con il cuore e la mente aperti a dare e ricevere.
Tutti hanno delle passioni, la nostra missione è ricordare, a chi ha avuto problemi come noi, di ripartire da ciò che si ha, dalle proprie passioni, di pensare a quanto si è fortunati ad avere avuto una seconda chance (1 persona su 3 di quelle che hanno avuto un ictus non sopravvive). Per quanto ci sentiamo piccoli con il nostro Ted talk, affiancato a quello di grandi oratori come Jill Bolte Taylor, pensiamo che il nostro ‘being human’ sia stato il fattore d’impatto per far accettare a tutti la nostra storia".
Qual è la frase o il gesto più bello provenuto dalla rete? Magari da un utente che conosciuta la vostra storia ha deciso di non rimanere solo uno spettatore?
"In generale la ri-condivisione in rete della nostra storia ed i commenti continuano a stupirci, anche solo per il tempo che ci viene dedicato. Altri genitori che hanno condiviso la loro storia con noi, in privato o sulla pagina Facebook dedicata, ci hanno aperto il cuore ancora di più. Una persona è arrivata a spedirci delle confezioni di Omega3 per Mario dalla Florida; continuano ad arrivarci input per partecipare a progetti di ricerca sull’ictus perinatale e per condividere la nostra testimonianza in altri Paesi. E così a Novembre parleremo in Messico a questo convegno: http://www.ciudaddelasideas.com/perfil-ponente/familydan".
Cosa aspirate ad ottenere parlando attraverso il web ed i social? Cosa possono fare concretamente gli utenti della rete per voi e per Mario?
"Ci siamo dati tre obiettivi, in questi mesi di continue sollecitazioni:
Primo: offrire a Mario quante più occasioni possibili di vedere il mondo e le persone che lo abitano. È la nostra personale interpretazione associata al meccanismo dei Neuroni Specchio.
Secondo: raccogliere input, feedback, esperienze, idee, qualsiasi cosa che possa aiutare nella riabilitazione di Mario e di altri bimbi come lui. La riabilitazione da Ictus ci sembra ferma agli anni ’60 e perché non approfittare dell’innovazione tecnologica per migliorare la diagnosi e la terapia delle persone affette da questa disabilità? Tra i nostri progetti di ricerca ci sono la diagnosi precoce e il primo intervento attraverso la tecnica del baby cooling; la riabilitazione attraverso il gioco, con tecnologia Kinect sensibile al movimento del corpo umano; le wearable technologies per uno sviluppo più accurato delle ortesi e per offrire delle stimolazioni continue all’apparato motorio. Sono solo alcuni degli argomenti che ci appassionano e che vogliamo approfondire e provare, senza preclusioni o pregiudizi.
Terzo: rimettere in circolo, nella rete, tutto quello che stiamo imparando e creare un punto di contatto tra famiglie e medici per diagnosi precose e riabilitazione. La rete è fondamentale per portare a termine questo obiettivo: perché uno dei primi insegnamenti che abbiamo tratto è che parlare della propria storia, di quanto siano eroi i bambini colpiti da ictus, è già un pezzo importantissimo della guarigione".
Lasciamo ai nostri lettori un insegnamento. Al TED Talk avete concluso dicendo “consider what you have as a gift, what you miss as an opportunity”. In cosa consiste l’opportunità? Il disagio cosa permette di cogliere e sviluppare?
"Pensiamo che storicamente le grandi idee siano venute da grandi privazioni. I veri attivisti del cambiamento devono essere le famiglie e le persone direttamente impattate.. L’opportunità per tutti è di partecipare, condividere, uscire dalla solitudine, ascoltare e ancora tornare a parlare: sono cose che chiunque può fare e la rete è un facilitatore da questo punto di vista".
Grazie Francesca e Roberto per aver condiviso con noi la vostra storia e i vostri insegnamenti. Speriamo di aiutare Mario a conoscere un pezzo di mondo in più, quello che gli apriranno i lettori di Fanpage.it
Per scrivere a Francesca e Roberto: familydan@familydan.org