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La CIA e il nuovo reparto speciale addetto a Facebook e Twitter: i ninja librarians

La CIA mette in campo i “bibliotecari ninja” contro il terrorismo. Il loro compito è quello di controllare tweet, post su facebook, blog e tutto quanto si muove in rete intorno alle rivolte che stanno animando il mondo arabo e quello occidentale.
A cura di Anna Coluccino
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La CIA segue le rivolte su Facebook e Twitter, tiene traccia di ogni movimento, sonda il clima.

Non è una novità e non intendiamo presentarla come la notizia del secolo ma, casomai ci fosse ancora qualcuno che ritiene banalmente complottista l'idea che esista un intero reparto della CIA esclusivamente dedicato al tracciamento di tweet e post, dovrà ricredersi.

L'esistenza del reparto "ninja librarians" (bibliotecari ninja) non è solo una voce di corridoio ma un fatto così fisicamente reale da avere persino un quasi-indirizzo, un nome (Open Source Center) e un direttore: Doug Naquin. Il reparto, infatti, è allocato in un anonimo parco industriale dello stato del Virginia, e a dirlo non è il bollettino giornaliero dei cospirazionisti anonimi ma l'Associated Press.

Il lavoro di questi futuristici ninja del web è quello di controllare fino a 5 milioni di tweet al giorno; per non parlare dei post su Facebook, delle chat, dei forum, dei blog e di tutto quanto si muove in rete di contorno alle rivolte che ormai si susseguono a cascata un po' ovunque nel mondo occidentale e in quello arabo. Il clima, di certo, non è dei più favorevoli ai governi del mondo, ovunque resta alto il livello di contestazione e l'individuazione della speculazione finanziaria come focus della lotta ha irrigidito non poco le agenzie investigative del pianeta: la CIA su tutte.

Questa specifica struttura CIA, però, non è nata appositamente per il controllo dei social network quanto, piuttosto, per il controllo del web in generale ed è stata immaginata in risposta al suggerimento della Commissione 9 / 11, che invitò l'intelligence a concentrarsi sulla lotta alla proliferazione del terrorismo. Al momento, il centro vede all'opera molte centinaia di analisti (il numero esatto è top secret) e la sua "struttura" ha già ispirato almeno una serie televisiva –Rubicon– in cui, al di là dell'ovvia trama fantapolitica, si racconta il probabile modello di funzionamento di una struttura come quella dell'Open Source Center. Il centro avrebbe iniziato a focalizzare l'attenzione sui social media solo nel 2009, dopo aver visto all'opera la potenza di Twitter contro il regime iraniano nel corso della rivoluzione verde, quando migliaia di iraniani invasero le piazze per contestare i risultati elettorali che vedevano il nuovo (e falso) trionfo di Mahmoud Ahmadinejad.

Stando a quanto dichiarato dal direttore del DNI Open Source Center, Doug Naquin, la CIA avrebbe poi "predetto" l'arrivo della rivolta in Egitto, ma non era in grado di prevenire anche come e quando sarebbe avvenuta, il centro -insomma- avrebbe compreso prima di chiunque altro "che in luoghi come l'Egitto i social network potevano rappresentare un'importante pedina di cambiamento e una minaccia per il regime".

A questo punto, la storia ci insegnerebbe che se la CIA "vede" qualcosa, difficilmente resta lì a guardarla inerte e silenziosa, ma questa sarebbe un'altra storia e non è il caso di aprire un capitolo così complesso e nient'affatto chiaro. È probabile che non passerà molto tempo prima che si abbia un quadro più o meno limpido del ruolo delle intelligence statunitense ed europea in alcune delle rivolte del mondo arabo (ammesso che ne abbiano avuto uno), perché se è vero che CIA e compagni si attrezzano per "monitorare" il web e tutto quel che si muove nel clima di rivolta che coinvolge mezzo mondo, è anche vero che il web -Wikileaks in testa- sta svolgendo uno straordinario lavoro di indagine e diffusione di controinformazione riguardo l'operato occulto di governi, banche, imprese e agenzie.

Ufficialmente, il lavoro della CIA dovrebbe ridursi alla mappatura dei dati pubblici, delle notizie disponibili a chiunque abbia accesso alla rete (questo il limite "legale" dell'operazione), ma è davvero difficile immaginare che i "ninja librarians" siano un manipolo di segretari pagati solo per navigare e tener traccia del mondo emerso che pullula in rete, più probabilmente si tratta di analisti informatici poliglotti di altissimo profilo per i quali il mondo sommerso ha ben pochi segreti e che non possiedono alcun limite d'indagine predeterminato.

Ed è proprio il direttore Naquin ad affermare che gli analisti di maggior successo possiedono un buon mix di eccentricità, abilità hackeristiche e irriverenza, sanno "trovare cose di cui la gente ignora l'esistenza" sono poliglotti e hanno un master in scienze archivistiche e bibliotecarie.

Tutto considerato, però, si può affermare con serenità che in fondo (a pensarci bene) la rete ha reso tutti più liberi: sia i controllati che i controllori, così liberi che -ormai- è sempre più difficile definire la vittima e il carnefice del reciproco, costante spionaggio.

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