La rivolta dei dipendenti di Facebook per i post di Trump, Zuckerberg: “È stata la scelta giusta”
Dopo le inedite proteste dei dipendenti di Facebook — furiosi con il patron Mark Zuckerberg per non aver preso provvedimenti contro gli ultimi controversi interventi di Donald Trump sul social — il numero uno della società si è confrontato nelle scorse ore con i suoi impiegati durante una riunione in videoconferenza. Nel corso dell'incontro virtuale però Zuckerberg non è venuto particolarmente incontro alle ragioni dei dipendenti scontenti, anzi ha difeso la decisione presa sostenendo che quella di lasciare intatti i post del presidente degli Stati Uniti sia stata una scelta a tutela della libertà di espressione.
La spiegazione di Zuckerberg
A riportarlo sono The Verge e altre testate che sono riuscite ottenere una documentazione audio della riunione, che era riservata ai dipendenti. Zuckerberg si è detto inizialmente turbato dalle dichiarazioni di Trump pubblicate sul suo social, e in particolare da quel passaggio che recita "quando iniziano i saccheggi si inizia anche a sparare".
Allo stesso modo però il numero uno di Facebook ha affermato anche di aver riflettuto a lungo sull'opportunità di limitare la diffusione dell'intervento, decidendo infine di lasciarlo onlne così com'era. "L'assunto alla base del servizio che offriamo è che devi poter dire quello che vuoi, a meno che tu non stia causando un danno specifico a qualcuno; stabiliamo in anticipo quali siano queste tipologie di danni e poi applichiamo le regole di conseguenza", ha affermato Zuckerberg. La decisione è stata presa all'interno di un comitato ristretto di 6 dirigenti dell'azienda, guidati da due principi: quello della libertà di espressione e quello della tutela di contenuti di carattere informativo. L'intervento di Trump riferiva insomma che i manifestanti avrebbero potuto trovarsi di fronte alla risposta dell'esercito, e per questo motivo lasciarlo online ha avuto un suo valore.
Secondo Zuckerberg, in questo modo Facebook ha scelto di percorrere la strada più difficile: "Sapevo che la decisione avrebbe fatto infuriare molti e attirato la critica di utenti e stampa; è probabile che per l'azienda i costi dell'aver fatto la cosa giusta saranno molto alti".
La posizione dei dipendenti critici
Per i dipendenti critici nei confronti della mossa, le cose stanno esattamente all'opposto. La decisione di non intervenire nei confronti degli interventi di Trump (come ha fatto invece Twitter, pur senza censurarli) sarebbe stata presa proprio per evitare di inimicarsi un governo che ha dimostrato in più di un'occasione di saper portare rancore nei confronti degli oppositori. Per un dipendente intervenuto nel corso della riunione la vicenda ha dimostrato che "Le persone più intelligenti del pianeta sono impegnate a distorcere il senso del nostro regolamento per evitare di farsi nemico Trump".
Non è una posizione isolata: tra gli osservatori meno generosi della vicenda non manca chi fa notare come Facebook abbia interessi in ambiti delicati come telecomunicazioni e commercio online; il gruppo ha inoltre in cantiere il lancio di una criptovaluta e detiene un monopolio social che più esponenti politici hanno già dichiarato di voler rompere. La neutralità mostrata da Facebook in questa occasione potrebbe dunque dipendere dalla volontà di non pregiudicare il proprio futuro su questioni che richiedono la piena collaborazione del governo.
L'apertura per il futuro
Nel corso della riunione Zuckerberg ha comunque offerto un'apertura parziale ai dipendenti che lo criticavano. Nel caso gli Stati Uniti dovessero assistere a un periodo di disordini prolungato, il gruppo potrebbe rivedere le proprie regole sui messaggi controversi o che istigano alla violenza. La soluzione allo studio è un sistema che etichetti e impedisca la diffusione capillare dei messaggi controversi: il modello è quello già applicato da Facebook nei Paesi con conflitti aperti al loro interno, o da Twitter proprio nel caso del tweet di Trump.