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Le fake news su Facebook ricevono 6 volte più attenzione rispetto ai contenuti affidabili

Uno studio condotto dalla New York University e dall’Université Grenoble Alpes ha esaminato i post pubblicati su più di 2500 pagine di Facebook, tra l’agosto 2020 e il gennaio 2021. I contenuti prodotti da fonti note per distorcere la realtà dei fatti hanno ricevuto un numero di like, condivisioni e interazioni 6 volte superiore rispetto a quelli provenienti da fonti attendibili.
A cura di Ivano Lettere
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L'Echo chamber caratterizza l'ecosistema digitale di molti social network. Si tratta di un fenomeno mediatico per cui viene dato maggior risalto ai contenuti in linea con il nostro pensiero ai danni di quelli che potrebbero contraddirlo. Non si tratta di una semplice stortura tecnologica ma di un elemento connaturato nell'esperienza vissuta dall'utente su Internet: l'algoritmo studia le tue preferenze e fa in modo che tu possa raggiungere contenuti simili a quelli visualizzati in precedenza.

D'altro canto, questa stessa peculiarità può spiegare buona parte della disinformazione che affligge il web. Recentemente, per esempio, è toccato anche a TikTok e Clubhouse. A confermare indirettamente questo timore è uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della New York University (NYU) e dell'Université Grenoble Alpes. La ricerca ha esaminato i post pubblicati su più di 2500 pagine di Facebook, tra l'agosto 2020 e il gennaio 2021. Il risultato è tanto interessante quanto preoccupante: i contenuti prodotti da fonti note per distorcere la realtà dei fatti hanno ricevuto un numero di like, condivisioni e interazioni sei volte superiore rispetto a quelli provenienti da fonti attendibili.

Dallo stesso lavoro emerge che i contenuti pubblicati dall'estrema destra producono molta più disinformazione rispetto a quelle pagine che si collocano nell'estremità sinistra dello spettro politico.

La risposta di Facebook

A Menlo Park non sembrano essere d'accordo con le conclusioni dello studio. Stando alla replica di un portavoce dell'azienda, la ricerca prende in considerazione solo il coinvolgimento degli utenti con i contenuti delle pagine del social network, "che rappresentano una quantità molto piccola di tutti i contenuti" presenti sulla piattaforma. "Ciò che avviene quando un utente guarda il contenuto che vanta maggiore visibilità su Facebook, non corrisponde totalmente a quanto suggerisce questo studio, come mostrato nel nostro ormai noto rapporto sui contenuti e negli studi del Social Science One", ha aggiunto.

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Punti di vista diversi, che peggiorano i rapporti tra Facebook e la NYU, già in bilico dopo la scelta del social network di disabilitare le pagine e le app associate al NYU’s Ad Observatory Project. Secondo i responsabili del social network i ricercatori avrebbero "utilizzato mezzi non autorizzati per accedere alla piattaforma e raccogliere dati". Troppa curiosità da parte degli studiosi o eccessiva riservatezza dell'azienda? Ai posteri…

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